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c'era una volta mi madre

C’era una volta mia madre

6 Dicembre 2025
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di Marta Dore

C’era una volta mia madre, regia di Ken Scott, è un film che contiene due film. Oppure, per dirla in altro modo, è un film diviso in due parti abbastanza nettamente separate: la prima è una commedia, la seconda acquista un tono e un andamento più drammatici. Questo passaggio non è il frutto di un processo, ma di una svolta abbastanza brusca che può lasciare un po’ interdetti. 

C'era un volta mia madre

Jonathan Cohen è Roland da grande

La storia si ispira alla vicenda vera raccontata da Roland Perez, avvocato e speaker radiofonico francese, pubblicata nel romanzo autobiografico del 2021 Ma mère, Dieu et Sylvie Vartan.

Tutto ha inizio nel 1963, con la nascita di Roland (da adulto interpretato da Jonathan Cohen) sesto figlio di Esther (Leïla Bekhti) e Maklouf (Lionel Dray), due ebrei marocchini immigrati in Francia. Il piccolo Roland nasce con una malformazione al piede che, a detta di tutti i medici, lo condanna a camminare solo con l’uso di stampelle. Mamma Esther però, con un’ostinazione spesso associata allo stereotipo delle mamme ebree, non si rassegna: prega ogni giorno Dio perché faccia il miracolo di guarire il figlio e consulta decine di santoni e guaritori. Finché incontra la moglie di uno di questi che, impietosita, prende in carico il piccolo Roland e, con il sostegno di Esther e il coinvolgimento di tutta la famiglia – coinvolgimento subito malvolentieri, ma a Esther è impossibile dire di no, avvia un fantomatico e complesso percorso di guarigione che costringerà il piccolo a stare a letto per un anno dentro un’arzigogolata impalcatura. Finché il miracolo avviene, grazie forse anche all’ascolto ossessivo – da parte del piccolo – di Sylvie Vartan che a quel tempo era la più amata dai francesi e un po’ anche dagli italiani. Ascoltando senza sosta le sue canzoni, il piccolo Roland impara anche a leggere e a scrivere. Fatto sta che guarisce, e Roland sarà per sempre grato alla cantante, per altro presente nel film nel ruolo di se stessa.

c'era una volat mia madre

Sylvie Vartan nel film

Non paga della guarigione ottenuta, Esther non mollerà mai la presa sul figlio: lo avvierà alla danza (!), poi alla recitazione, poi al giornalismo, poi all’avvocatura. Tutti ruoli in cui Roland otterrà un grande successo. La madre sarà fondamentale anche nella scelta della moglie. Del resto glielo aveva promesso quando era ancora in fasce: “Roland, avrai una vita bellissima!”. 

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La famiglia

La prima parte del film è la più riuscita: gli anni Sessanta sono ricostruiti con grande cura, e tutta l’atmosfera ricorda Il favoloso mondo di Amélie sia per la leggerezza  – nonostante il tema – sia per il modo di recitare dei personaggi, che sembrano usciti da una fiaba contemporanea, sia per i colori della fotografia. È vero che si parla di disabilità, ma senza cedere al pietismo, anzi: con grande rispetto, dignità e senso dell’umorismo. Mai in modo superficiale. 

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Esther e Roland

La grande famiglia di Roland è solidale, divertente, e su tutti troneggia Esther, una madre fuori dagli schemi, caparbia, testarda, invadente, ma anche umanissima. L’attrice Leïla Bekhti è magnifica: sa dare al personaggio tutta la complessità di una donna che lotta contro pregiudizi, disperazione e ingiustizie, e lo fa con tenerezza, follia, speranza. 

La seconda parte, quando Roland cresce e la storia si fa più drammatica, è meno riuscita. Si perde in parte la freschezza e l’ingenuità che rendono indimenticabile l’infanzia raccontata prima. La decisione di ripercorrere tutto — la crescita, l’emancipazione, le relazioni adulte — appesantisce un po’ la narrazione, togliendo quella vivacità che rende la prima parte così vibrante. E il mix tra toni comici e drammatici può sembrare dissonante.

C’era una volta mia madre resta comunque un film molto piacevole e molto adatto a questi giorni che ci avvicinano alle feste natalizie. 

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