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Livia Pomodoro

In cammino di Livia Pomodoro

di Noemi Stucchi

“A una nuova umanità, solida e mite insieme.”

Con queste parole si apre “In cammino”, l’opera più recente di Livia Pomodoro edito da Marsilio Specchi. Una necessità che risuona con l’epoca attuale, segnata da guerre, instabilità e smarrimento.

Livia Pomodoro, già Presidente del Tribunale di Milano e oggi instancabile operatrice culturale, è anche fondatrice e anima del Teatro No’hma Teresa Pomodoro, uno spazio culturale e performativo dedicato alla sorella Teresa, artista e drammaturga, la cui eredità culturale vive proprio nella vocazione di un teatro aperto al mondo, inclusivo e veicolo di dialogo sociale.

“In cammino” si inserisce in questa visione, raccontando le tappe di un progetto teatrale che, in concomitanza con il Giubileo, ha preso avvio nel luglio 2023 fino a maggio 2025. Visitando abbazie e monasteri, comunità e tradizioni secolari, Livia Pomodoro ha voluto raccogliere in queste pagine i luoghi e le persone incontrate lungo il cammino.

Così come auspicato nel titolo del libro, l’invito è quello di mettersi in cammino. In un’epoca in cui il mondo va sempre più veloce, la necessità è quella di riscoprire il valore della lentezza, della capacità di fermarsi e riconnettersi. Parliamo di un’esigenza come quella del pellegrinaggio al giorno d’oggi, sintomo dei tempi che corrono.
Il pellegrinaggio ricalcherebbe quel “paradosso di un corpo in movimento e di una mente che si prepara a essere “ferma” di fronte alle nuove tempeste dell’animo.” (p. 10)
E così, anche l’autrice ammette:

“Mi sono affidata anche io, a quella collaudata metafora che vede nel movimento del corpo attraverso lo spazio geografico il riflesso del nostro passaggio nel tempo delle generazioni”(p.10).

Il cammino, dunque, non è solo geografico, ma profondamente interiore: è un modo per ritrovarsi. É il recupero del tempo del pensiero.

Come un pellegrino, il lettore viene accompagnato in un viaggio fisico e interiore attraverso luoghi simbolici. Partendo dall’Abbazia di Sant’Agostino di Canterbury, si percorre la Via Francigena attraversando ventidue tappe che toccano abbazie e monasteri pieni di storia. Ogni tappa viene associata a una “parola guida”, una traccia tematica: pellegrinaggio, spiritualità, silenzio, passione, bellezza, pace, tradizione, terra, acqua, cibo, grano, radici, intrecci, regola, purezza, comunità, lentezza e velocità, arte del custodire e biodiversità.

I monasteri e le abbazie sono comunità dal sapere secolare. Solo per citare un passaggio concreto, nel quarto capitolo i cistercensi vengono definiti veri e propri “ingegneri dell’acqua e del cibo”. Furono infatti loro a inventare sistemi ingegnosi per garantire il sostentamento dei monasteri anche in periodi di siccità o neve, creando una rete di fontanili alimentati da acque sorgive, essenziali per l’irrigazione agricola. Allo stesso modo, nelle pagine dedicate al cibo, si scopre come proprio nei monasteri siano nate antiche tecniche di trasformazione dei prodotti, come la lavorazione del latte in formaggio.

Nelle abbazie e nei monasteri si respira un’eredità di saperi millenari che oggi appaiono sorprendentemente attuali, soprattutto per chi cerca una vita più sostenibile e autentica.
Qui, tradizioni antiche custodiscono valori “green” che risuonano con i nostri bisogni contemporanei: il senso del gruppo, la lentezza, la riconnessione con la natura e con gli altri.
Dopo l’isolamento della pandemia, questi luoghi ci ricordano quanto sia vitale ritrovare il contatto con la vita che scorre, con la nostra umanità.
Le abbazie e i monasteri non solo luoghi di preghiera, ma luoghi dove la tradizione si rinnova. È un tuffo nella storia creativa del monachesimo, che ha lasciato in eredità azioni innovazioni concrete: dalla cucina ai nuovi percorsi e tracciati per il pellegrinaggio che hanno plasmato il volto dell’Europa.

A pagina 59 incontriamo la citazione del capitolo 66 della Regola di Benedetto:

“Possibilmente il monastero deve essere costruito in modo da potervi trovare quanto è necessario, cioè l’acqua, un mulino, un orto e reparti per le varie attività, così che i monaci non debbano girovagare fuori: ciò infatti non reca alcun vantaggio alle loro anime”

Ci sono luoghi dove la storia sembra essersi fermata, dove la tradizione e il silenzio custodiscono saperi preziosi. Il libro vuole essere un appello alla responsabilità verso il futuro, un viaggio non solo nella fede ma nella conoscenza e nella connessione con la vita, i luoghi e le persone. Abbiamo il dovere di custodire le risorse naturali e di prenderci cura del mondo che lasceremo alle prossime generazioni.

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