di Marta Dore
Riparazione. È questa la parola chiave del film Cinque secondi, ultimo lavoro di Paolo Virzì presentato il 18 ottobre al Festival del Cinema di Roma e in sala dal 30. Lo ha detto in conferenza stampa Valerio Mastandrea, che di quel film è il protagonista. E ha aggiunto: “il punto è che non ci si ripara mai soltanto da soli. Gli altri sono fondamentali. Stare insieme è fondamentale”.

Proprio questo è forse il messaggio centrale di Cinque secondi, che racconta la storia di Adriano Sereni, un uomo che si rifugia in un casolare isolato in Toscana con l’intenzione di lasciare fuori il più possibile il mondo esterno: che siano amici, colleghi, persone che passano di là. Postino compreso. È evidente che quell’uomo cupo e triste, ex avvocato, ha qualcosa dentro da superare o da scontare; qualcosa da riparare, appunto.

Un giorno, un gruppo di ragazze e ragazzi – per lo più agronomi, ambientalisti, vagamente hippies del XXI secolo ormai inoltrato – arriva a occupare la villa diroccata vicina al suo casolare con l’intento di ridare vita a una vecchia vigna abbandonata per poi produrre vino naturale.

L’incontro è, prevedibilmente, uno scontro. Quei giovani disturbano il suo isolamento con la loro gioia, la loro leggerezza, i loro sorrisi, la loro musica, la loro gentilezza. Però nel gruppo c’è Matilde, che da bambina lavorava quella vigna con il nonno Conte Guelfo Guelfi e che, poi lo si vede, è incinta. Sarà lei a rompere il muro di difesa di quel misantropo misterioso. Con lo scorrere del film, si scopre che cosa ha portato Adriano a rinchiudersi su quelle colline, qual è la tragedia che lo ha distrutto come uomo e come padre.

La paternità è l’altro tema chiave: che cosa vuol dire essere padre? Serve davvero un padre? Si può smettere di esserlo? Si può sopportare la separazione dai figli, la colpa di aver fatto loro del male (forse)?
Quante domande. Alla fine le risposte, almeno alcune, Adriano le troverà, ma solo quando inizierà a tornare nel mondo, ad aprirsi agli altri. Riuscirà a ‘ripararsi’ – appunto – solo insieme agli altri e mettendo in comune le ferite.

È un film molto dolce, questo ultimo di Paolo Virzì. Pieno di tenerezza, un po’ sgangherato ma vitale, con momenti leggeri in cui si ride e altri di grande malinconia. Accentuata dalla canzone Place to be di Nick Drake, che torna e ritorna. Un film costruito sulle qualità interpretative di Valerio Mastandrea, sempre così vero e commovente nell’incarnare uomini dal cuore buono ma induriti dalla vita. Lo affianca una strampalata, dolcissima, buffa Valeria Bruni Tedeschi, che in ogni film porta luce e la sua personalissima cifra fatta di ironia impastata con la sofferenza. Interpreta Giuliana Marziali la socia di studio di Adriano, forse sua amante, di sicuro ostinata nel tentativo di salvarlo.

Brava anche Galatea Bellugi, la giovane Matilde: un po’ folletto un po’ Gian Burrasca, riempie lo schermo di grazia e intensità.








