di Erika Lacava

Exhibition view, Jannis Kounellis
ph. C. Luis Aniceto/Cesura | Courtesy Collezione Maramotti, Reggio Emilia
Nello storico stabilimento di produzione della casa di moda Max Mara, a Reggio Emilia, si trova, dal 2007, la Collezione Maramotti. La collezione, prevalentemente pittorica, ospita al suo interno in esposizione permanente oltre 200 opere di circa 120 artisti italiani e internazionali, per una raccolta che si dimostra ancora oggi attualissima per la scelta degli artisti e per la costante promozione e valorizzazione dell’arte contemporanea in tutte le sue forme, dalla pittura alla performing art.
L’edificio in cui ha sede la Collezione Maramotti è stato progettato nel 1957 dagli architetti Antonio Pastorini ed Eugenio Salvarani, successivamente ampliato dalla Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia. Architettonicamente innovativo, con una struttura basata sull’illuminazione diffusa e naturale, l’edificio è stato dismesso come luogo di produzione nel 2003, quando l’espansione dell’azienda Max Mara ha reso necessaria una sistemazione più ampia.
Il progetto di trasformazione dell’ex manifattura a luogo espositivo è stato così affidato all’architetto inglese Andrew Hapgood che ha effettuato un restauro prevalentemente conservativo, riadattando la struttura alle nuove esigenze di allestimento ma riuscendo al contempo a mantenerne la conformazione originaria. Delle due modifiche principali, la ricollocazione dell’ingresso al centro del lato più lungo dell’edificio ha rivalorizzato l’ampiezza dell’intera struttura, mentre l’aggiunta di due volumi all’interno del corpo originario non ne ha alterato la percezione complessiva.
La collezione d’arte Maramotti è frutto di acquisizioni progressive basate più sulle scelte estetiche personali che sui valori di mercato. Una citazione all’inizio del percorso di visita emblematicamente recita: “Il motivo più profondo del collezionista può essere forse così circoscritto: egli intraprende una lotta contro la dispersione” (Walter Benjamin).
La direttrice Marina Dacci ha il ruolo fondamentale di coniugare e armonizzare le molte anime che popolano oggi la Collezione Maramotti, in un dialogo costante e aperto tra le opere del passato e le nuove acquisizioni, tra curatela, restauro e valorizzazione del patrimonio artistico.
Una particolarità della Collezione, che la contraddistingue e le ha da sempre donato uno spirito avanguardistico, è che le opere presenti appartengono quasi tutte alla fase di maggior innovazione di un artista, al momento in cui la sua ricerca è diventata un tassello fondamentale nel panorama dell’arte. Le opere raccolte da Maramotti, con una predilezione per opere grandi e grandissime, di forte impatto visivo, diventano così uno specchio dell’evoluzione del linguaggio pittorico, fino al superamento della dimensione tradizionale della tela.
- Exhibition view Fausto Melotti, “La casa degli Antenati”, 1962 Giuseppe Uncini, “Cementoarmato n. 11”, 1960 Mario Schifano, “Cartello 20”, 1960 Tano Festa, Via Veneto n. 1′ 1961 ph. C. Cesare Di Liborio | Courtesy Collezione Maramotti
- Exhibition view Julian Schnabel, “Stella maris” 1984 Alex Katz, “January V”, 1992 ph. C. Dario Lasagni | Courtesy Collezione Maramotti
Un’apertura verso altre forme di espressione artistica sono il piccolo e intensissimo video di Bill Viola posto in una nicchia, e, nella hall che conduce alle sale del secondo piano, “Rose” di Kiki Smith, la “barca” di Parmiggiani, e poi ancora Mark Manders, Sachs, Acconci, Dion.
Si entra così in contatto con le tendenze artistiche attuali, che fanno della Collezione Maramotti un work in progress costantemente aggiornato. Le selezioni dei nuovi lavori avvengono, oltre che tramite i canali tradizionali, anche attraverso le acquisizioni dei progetti del “Max Mara Art Prize for Women” e dalle commissioni dirette con cui la famiglia Maramotti invita gli artisti a realizzare progetti inediti. È il caso delle artiste Emma Hart e Luisa Rabbia, le cui mostre sono attualmente in corso negli spazi dedicati alle esposizioni temporanee, al piano terra della Collezione.
Emma Hart, artista londinese, classe 1974, è la sesta vincitrice del Max Mara Art Prize for Women, premio biennale indetto in collaborazione con la Whitechapel Gallery di Londra, diretto a sole donne del panorama londinese. Il Premio, giunto alla sua settima edizione, consiste in una residenza di sei mesi sul territorio italiano per sviluppare interessi e pratiche che confluiranno poi in un progetto espositivo per le location della Whitechapel Gallery e della Collezione Maramotti.
- Emma Hart, Mamma Mia!, ceramica e fili di corrente, 2017 Installation view Courtesy Collezione Maramotti © Emma Hart | ph. Dario Lasagni
- Emma Hart, Mamma Mia! 2017, testa in ceramica, dettaglio interno | © Not Only Magazine
Il progetto “Mamma Mia!” di Emma Hart nasce dalla sua recente scoperta della ceramica, unito a un interesse per l’ambito relazionale familiare. La residenza studiata appositamente per l’artista parte quindi dalla città di Milano, dove l’artista ha avuto modo di conoscere e partecipare ai setting terapeutici della scuola cognitivista M. Selvini Palazzoli (Approccio Sistemico di Milano). Seconda tappa è Todi, dove Emma Hart è stata ospite di Bibo’s Place di Matteo Boetti, figlio di Alighiero, che l’ha introdotta nel mondo delicato delle maioliche, fino ad arrivare infine a Faenza, dove la Hart ha potuto visitare il Museo Internazionale della Ceramica e fare sperimentazione diretta della tecnica presso il Museo Carlo Zauli.
Il risultato della residenza, dopo gli studi sulla decorazione della ceramica italiana, sono undici teste sospese al soffitto come lampadari, dai tratti stilizzati e dai lineamenti appena accennati, che emettono luce a forma di fumetto, in cui sembra di leggere l’eco di dialoghi privati e familiari, tra ventilatori dalle lame di cucchiai, forchette e coltelli e i pensieri che, dal basso, scopriamo disegnati dentro le loro teste.
- Luisa Rabbia mentre lavora a “Another Country”, pastello a cera e acrilico, 2,56 x 17,28 metri, 2017 Opera site specific per Collezione Maramotti | ph. Dario Lasagni
- Luisa Rabbia, Love, particolare, matite colorate, acrilico, impronte digitali su tela, 274 x 513 cm, 2016 | Courtesy and © Luisa Rabbia | ph. Dario Lasagni
Un’opera lunga 18 metri che corre lungo la parete di una delle sale espositive, esito di un percorso di progressiva interiorizzazione e astrazione delle figure umane iniziali, unite ai rami, alle venature e alle radici da sempre presenti nei suoi lavori. I corpi umani sembrano scomparire dagli ultimi lavori, per riapparire come impronte digitali lasciate dall’artista, una sorta di traccia emotiva caratteristica di questa sua ultima serie. Le opere in mostra alla Collezione Maramotti sono espressione del percorso magistrale di evoluzione stilistica di Luisa Rabbia, ad oggi una delle più interessanti artiste nel panorama internazionale.
Entrambe le mostre sono state inaugurate il 14 Ottobre 2017 alla Collezione Maramotti e resteranno aperte fino al 18 Febbraio 2018.
sabato e domenica, dalle10.30 alle 18.30