di Noemi Stucchi
Lunedì 20 Marzo al Teatro Martinitt di Milano verranno presentati cinque cortometraggi di Eclettica, un collettivo di giovani professionisti del settore audiovisivo.
Abbiamo visto i cortometraggi in anteprima. Prima di “spoilerare” qualche anticipazione, abbiamo avuto la possibilità di conoscere e fare qualche domanda a chi ha pensato e realizzato i corti attraverso l’occhio della telecamera. In questo secondo articolo correlato dal titolo “Eclettica: l’intervista”(qui il link) abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa in più lasciando spazio alle dovute presentazioni.
Ogni corto sarà presentato dal suo regista, ma abbiamo chiesto a Riccardo Copreni e a Lorenzo Maria Chierici di anticiparci qualcosa.
Rimandiamo qui al sito di Eclettica mentre a questo link l’evento al Martinitt per tutti i dettagli.
I Cortometraggi
- Addio per adesso: (di Andrea Sbarbaro e Riccardo Copreni)
L’ambientazione è sfuocata e dai colori grigi. In lontananza arriva una bambina con un cappotto rosso, unica macchia in movimento. Si muove, si avvicina, ha in mano qualcosa, fa un buco nella terra con le mani, seppellisce qualcosa e dopo una piccola preghiera se ne va.
La bambina mette in fila dei gesti semplici, quasi come se fosse un gioco. Con le mani fa un buco nella terra, scava, infilza e annoda tutto in modo semplice e concreto. Mi viene da chiedere se con questo cortometraggio avete voluto tracciare un parallelismo tra il rito e il gioco. Oppure avete voluto dare una risposta a qualcosa di astratto attraverso la semplicità e la concretezza del gioco di una bambina?
Riccardo: Prima di rispondere vorrei fare una premessa sui cortometraggi. Sono regista di uno e mezzo di questi e potrei raccontare le intenzioni artistiche, ma sarebbe bello chiedere ad ogni regista di parlare del proprio cortometraggio. È un corto che nasce un po’ per caso e per gioco. È stato fatto insieme ad Andrea, un anno fa ci sono state una serie di condizioni e in due giorni l’abbiamo girato senza una sceneggiatura vera e propria e ci siamo adattati tanto a quello che faceva la bambina. La scelta della location è stata invece ponderata e pensata. Sono stupito dal fatto che è un lavoro che piace molto, proprio perchè è nato in modo così libero in cui l’unico punto che avevamo fisso fin dall’inizio era la ritualità e il gioco.
Una cosa che mi colpisce dei bambini è che li vedi giocare e sono serissimi. Per loro giocare è come un lavoro, quindi c’è una serietà e un peso gigantesco. È una cosa che mi ha sempre colpito.
Altre curiosità elementari: cosa seppellisce? C’è una storia dietro?
Questa domanda fa sorridere perchè le dinamiche con cui sono avvenute queste scelte sono state molto semplici, dettate anche dalla casualità.
L’idea iniziale era che ci dovessero essere due bambini a seppellire un animale. Poi non c’è stato nè l’animale nè il secondo bambino, così abbiamo usato un portachiavi e la bambina è la nipote di Lorenzo. Tutto è arrivato in maniera spontanea: le riprese sono state fatte in 3 ciak con il freddo di gennaio e abbiamo il secondo ciak per realizzare il corto.
- Il dio dei gatti è immortale (Riccardo Copreni)
Vede per protagonisti un gruppo di pischelli, in particolare è la storia di due ragazzini. Lui è uno skater boy che ha una cotta per Cate e per farsi perdonare da lei va in sbattimento per cercare di ritrovare il gatto perduto della ragazza. In tutto questo, il protagonista che in passato si era fatto influenzare dagli amici bulletti, ora sembra fregarsene e andare avanti per la sua strada. Questo cortometraggio mette in luce le dinamiche del gruppo e i piccoli atti di bullismo, parla di scelte sbagliate e di amicizia vera che viene rappresentata dal fidato Podo.
Senza svelare niente, direi che l’esito è tragicomico e mette in moto diverse domande. Alla fine di tutto, dopo i titoli di coda tutto sommato sembra esserci un lieto fine.
Avete voluto premiare in qualche modo la buona volontà del ragazzo?
Riccardo: Questo racconto mi è stato proposto da una storia esterna. Quello che mi ha colpito è la dimensione “sentimental confusion” dell’adolescenza. A me interessava raccontare l’adolescenza, quel caos totale in cui non si ha ancora un’identità ben strutturata e ogni cosa che ti succede (dagli amici con cui stai e la ragazza che ti piace) definisce chi sei in modo lapidario. A me interessava raccontare questo: questi sbalzi sentimentali scatena nel protagonista un qualcosa che è fuori posto rispetto alle dinamiche del gruppo in cui si trova. Questa cosa poi porta esiti tragici perchè il tentativo di beccare questo gatto è anche il tentativo di ingabbiare questi sentimenti che sono nuovi per lui e in qualche modo vuole cercare di domarli. Spoiler: il gatto muore e lui è devastato, e la scena finale è forse quella più riuscita del cortometraggio.
Lui se ne va in questo finale felice e triste, perchè sai che lui ci ha provato e Cate in qualche modo sembra colpita da questa cosa.
In questo finale che apre a una nuova speranza rimane comunque qualcosa di non decisivo, infatti lo abbiamo messo dopo i titoli di coda. È una cosa in più, una nota positiva di Podo l’amico pacioccone che un po’ gli dice “guarda, ci puoi riprovare dai”.
C’è una scena, con una domanda che rimarrà aperta: perchè il gatto esplode?
Riccardo: Ogni spettatore deve darsi un po’ la propria risposta. Non tutto nei film ti viene detto e la domanda rimane aperta ad ognuno di noi. Anche se un’interpretazione c’è.
- Bicchèri (Federico Fasulo)
Un palazzo bellissimo, la festa è finita perchè lei dice qualcosa di troppo e i due litigano, ma niente di nuovo che gli ospiti non sapessero già. Non c’è più nessuno, il palazzo è rimasto vuoto con loro due. C’è un momento in cui lei cerca un riavvicinamento ma lui è ancora troppo distante e non c’è niente che lei possa dire per far pace. Ci sono cose che non si sistemano a parole.
Poi c’è una scena forte che non sveleremo. Farsi male e prendersi cura, come se il dolore portasse al lieto fine perchè c’è una cura nonostante la lontananza.
Potete spiegarci meglio quello che abbiamo appena visto?
Riccardo: Sarebbe interessante parlarne con Federico, il regista del corto. Il set era a Catania, il set più caldo della storia dell’umanità con 45 gradi dentro una villa storica con un finto notturno, ma noi giravamo di giorno con tutta la villa chiusa e i fari potentissimi.
Questa storia di “masochismo” è un racconto di quello che è l’equilibrio interno a una coppia, estremizzato e simbolizzato. Per condividere la vita con un’altra persona devi in qualche modo farti te del male quando l’altro si è fatto del male, e viceversa. Alla fine hai l’impressione di due che si amano, anche se è un farsi male per soddisfare l’altro.
Lorenzo: riporto le parole di Federico. Si tratta di una coppia e del significato di chiedere scusa. É un po’ l’estremizzazione del concetto di Perdono. C’è una rottura che ha una rima un’iniziale e finale, e nelle scena questo concetto viene mostrato con lui che all’inizio rompe un bicchiere e lei alla fine che lo rompe per camminarci sopra in una doppia ferita. La ragione specifica del litigio all’inizio era stata immaginata ma poi tagliata e lasciato tutto per inteso. Il corto non ha una storia particolare: la tematica è il ferire e l’essere feriti, ti ferisco e l’unico modo per chiedere scusa è ferirmi a mia volta.
- Forgive us our trepasses (Lorenzo Maria Chierici)
Si parla del terrorismo dell’IRA e del Bloody Friday in una visione romanzata. Il fatto è storico: una delle bombe non è stata detonata e il corto immagina la storia di questo ragazzo che all’ultimo ha deciso di non premere l’interruttore. Con inserimento di alcune immagini storiche, vediamo il racconto di quei pochi minuti prima dell’azione. Quali sono le ragioni che spingono a premere o a non premere un pulsante? Cosa c’è dietro la scelta di fare del male? Lo capiamo soprattutto alla fine, quando c’è in gioco la promessa di una vendetta. L’ultima scena rivela un cambio del punto di vista e mette in gioco la relazione di un padre e di un figlio.
Lorenzo: Da una parte c’è il senso di vendetta che è il ribaltamento del finale. Sin dalle primissime stesure, l’idea era quella di avere un colpo di scena che è molto suggerito.
Il figlio segue la volontà e il desiderio del padre. Il rapporto intergenerazionale tra padre e figli e questa spaccatura è un tema che mi sta a cuore e che parla di me, anche se nello specifico il corto racconta qualcosa di lontano dalla mia cultura. Due volontà contrapposte, un desiderio di vendetta e il desiderio dei padri che ricade sui figli. Poi c’è questa nuova generazione di figli che non sono coraggiosi abbastanza (forse sono più coscienziosi) e non riescono a seguire questo desiderio che viene proiettato su di loro. Però dicono di sì, obbediscono nascondendo quella che è una fragilità gigantesca ed è il finale: il figlio promette, ma lo fa con un silenzio estremamente contraddittorio.
Dall’altra parte c’è la ripresa della questione storica nord irlandese, un escalation di violenza che è durata per tantissimi anni con ultimi episodi a Belfast fino a pochi anni fa. Inevitabilmente il male ha portato altro male, ma esiste secondo me un punto di rottura nella volontà di questo ragazzo che vede un suo simile e decide di cambiare rotta.
- Letizia (Francesco Manzato)
Letizia ha solo la boxe ed è una valvola di sfogo. É costretta ad abbandonare la palestra in cui si è inserita, fa un po’ la bulla per farsi valere ma osserviamo anche come alle sue spalle ci sia una situazione famigliare che non riesce a gestire. A volte la famiglia è qualcosa che scegli e Letizia rappresenta questo tipo di legame. Scopriamo che deve traslocare presto, ma stiamo pur certi che anche a Roma se la caverà perchè ha trovato nella boxe la sua casa. Il cortometraggio potrebbe essere l’inizio di un breve racconto di formazione lasciato in sospeso. Anche se non vediamo il finale, c’è questa pacifica consapevolezza che tutto andrà bene. Che fine farà Letizia?
Riccardo: sarebbe carino chiedere a Francesco. Quesa sensazione di positività alla fine è voluta. É la storia di questa ragazzina che si trova a disagio con le altre persone, c’è un’insegnate a cui vuole bene e c’è il rapporto con le amiche della palestra. Lei continua a cercare un confronto per diventare più forte e affrontare il mondo. Per scelta il finale è aperto e non sappiamo come andrà a finire. L’approccio generale della scelta di Francesco è quello di partire tanto dalla realtà. Questo film parte dall’incontro con Letizia Mannella, la sorella di un suo amico che ha conosciuto. Ne è rimasto affascinato e con lei hanno lavorato insieme per mettere in fiction alcuni punti della sua storia, ricamata poi nel corto che vediamo. Il 20 al Matrtinitt sarà presente anche la vera Letizia e sarebbe bello chiederle di più.
il 20/03/2023 ore 21:00
Cinema Martinitt
MILANO (MI)
Eclettica presenta i cortometraggi prodotti nell’ultimo anno di attività, consegnando agli spettatori degli occhiali 3D.
Non sarà solo una proiezione. Sarà un’immersione nell’assurdo, urticante cinema di Eclettica.