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Ghiaccio

di Arianna Di Perna

Al suo esordio alla regia, Fabrizio Moro e Alessandro de Leonardis portano in scena una storia di speranza e di rivincita sociale. Ghiaccio è la metafora della caduta e della rinascita di un ragazzo che lotta con se stesso per sconfiggere la malavita e la povertà in una Roma ai margini per riprendere in mano i suoi sogni infranti.

Troviamo Giorgio (Giacomo Ferrara) giovane promessa del pugilato con l’aiuto di Massimo (Vinicio Marchioni), che ha un passato nella boxe e vede nel ragazzo il grande campione che lui non è riuscito a diventare, Giorgio ha finalmente la possibilità di riscattarsi, entrando nel mondo del pugilato professionistico, ma la malavita di periferia non lascia mai scampo a chi non si piega alle sue regole.

Viene mostrata una storia universale di riscatto sociale grazie allo sport; discorsi motivazionali con enfasi fino a quelli di autocommiserazione dei protagonisti nati in periferia dalla quale non riescono a separarsi nonostante le difficoltà. Una parabola sportiva positiva che mostra i veri valori di uno sportivo e di un professionista. Un esempio fulgido di come lo sport possa cambiare delle vite perché sinonimo di lealtà, costanza, dedizione, fatica per migliorare sé stessi, per diventare dei campioni non per una medaglia ma per affrontare il mondo in tutte le sue insidie.

Il ghiaccio te lo devi guadagnare! È come il rispetto, come l’amore… (Massimo)

Così l’allenatore di Giorgio parla del ghiaccio metafora dei sacrifici per costruirsi un avvenire migliore, ma il passato non si può dimenticare e torna sempre in qualche modo. La trama si svolge nella borgata romana che si mostra per tutto il film attraverso la regia di Moro che è quasi costantemente in movimento dove si evidenzia la natura cruda e difficile senza abbellimenti. Ovviamente l’uso della musica, fondamentale, nelle scene finali, tra cui una canzone originale dello stesso Fabrizio Moro. La fotografia dai toni grigi e tenui ricordano quelli del ghiaccio; un’opera che sembra vivere di verità vissute sulla propria pelle senza cadere nel banale.

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