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Paul Newman

19 Febbraio 2025
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di Cristina Ruffoni

Il 26 Gennaio 2025 Paul Newman avrebbe compiuto 100 anni. Per noi è passato da icona di Hollywood a idolo di intere generazioni molto prima che ci seducesse in La gatta sul tetto che scotta del 1958 e al suo salto nel vuoto con Robert Redford in Buch Cassidy del 1969.

Rimane leggendaria l’intervista con Oriana Fallaci che gli intimava di non nascondere i suoi occhi celesti, rassicurandolo che non c’è  nessuna colpa nella bellezza e soprattutto ad essere Paul Newman. Eppure, la vita dell’uomo più desiderato e amato, sia dagli uomini che le donne nel mondo, non è stata così lineare, radiosa e meravigliosa come potremmo pensare.

Nella sua autobiografia intitolata Vita straordinaria di un uomo ordinario scritta con Stewart Stern, lo sceneggiatore di Gioventù Bruciata, nulla viene nascosto o edulcorato da lui, a  partire dal suo alcolismo ereditato dal padre, dall’indifferenza della madre anafettiva attenta solo a coordinare i colori del salotto, alla tragica morte per overdose del figlio Scott a soli 28 anni. L’attore si mette a nudo, confessando le sue fragilità e i rimpianti, primo fra tutti quello sintetizzato nell’affermazione: “Non ho il talento per fare il padre”.

Il senso di colpa di non essersi messo in gioco fino in fondo umanamente, almeno nella prima parte della sua vita, lo ha spinto ad essere un filantropo fino alla fine e oltre, appoggiando e sostenendo in prima persona le cause della parte più debole della società americana, come quella dei neri e dei malati per dipendenze. Ormai la sua bisessualità non è più un mistero, anche se il grande amore della sua vita è e rimase la sua seconda moglie l’attrice Joanne Woodward che all’Actor Studio gli insegnò a ballare e a tirare fuori ed esprimere la sua sensualità, consapevole di fare un regalo al mondo. Paul Newman, sempre un po’ sminuendosi, giura: “Sono il prodotto dell’inventiva di Joanne”, eppure proprio quel tormento e quel dolore, lo trasformano nell’attore intenso e bruciante degli ultimi vent’anni della sua carriera, riconosciuti con tre Oscar e regalandoci interpretazioni indimenticabili come quelle di Butch Cassidy, La Stangata, Il Colore dei soldi e l’indimenticabile Inferno di Cristallo.

Non tutti lo hanno amato in modo incondizionato. Alfred Hitchcock, ne Il sipario strappato del 1966, unico film girato insieme, non sopporta le continue domande di Paul Newman, reduce dal metodo Stanislavskij, che implicava un approfondimento psicologico del personaggio da interpretare. Invece con altri attori come Tom Cruise, Robert Redford e Susan Sarandon in Twilight, l’intesa professionale e la complicità furono speciali.

Tutti i giovani attori cercano ancora oggi, in qualche modo, di imitare la sua apparente fragilità e la sua espressività seduttiva che in una inquadratura riempivano lo schermo e colpivano la nostra immaginazione, ricordandoci costantemente di come avremmo voluto essere guardate e  desiderate almeno una volta nella vita, come nello schermo succedeva con lui.

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