di Vittoria F. M. Dubini
Cino Zucchi, personaggio singolare ed eccentrico, uno degli architetti italiani contemporanei più influenti a livello mondiale, ha realizzato molteplici progetti di edifici commerciali, residenziali e pubblici con la collaborazione dei professionisti del suo studio milanese, CZA. Autore di numerosi progetti di spazi pubblici e del ridisegno di aree industriali, agricole e storiche, ha avuto l’occasione di disegnare dei veri propri “frammenti di città”. Il suo lavoro, premiato a livello nazionale e internazionale, viene principalmente associato alla riforma dell’area dismessa ex Junghans a Venezia, al master plan per Keski Pasila a Helsinki, al Nuovo Portello di Milano, ex Alfa Romeo, e ai nuovi Headquarters Lavazza a Torino1.
Nato a Milano nel 1955, Cino Zucchi si è laureato al Massachusetts Institute of Technology e al Politecnico di Milano dove è attualmente professore ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana. Ha insegnato a numerosi workshop internazionali ed è stato Visiting Professor presso la Graduate School of Design di Harvard. Cino Zucchi è autore di diversi saggi, recensioni e dei libri: L’architettura dei cortili milanesi 1535-1706, Asnago e Vender. Architetture e progetti 1925-1970 ed editor del volume Bau-Kunst-Bau. Ha partecipato attivamente all’organizzazione e allestimento di numerose Triennali di Milano e il suo lavoro è stato esposto più volte alla Biennale di Venezia, dove è stato anche curatore del Padiglione Italiano nel 20142.

Foto di Vittoria F. M. Dubini
Considerato un autore poliedrico, Cino Zucchi è un personaggio trasversale in cui le arti si fondono, le diverse conoscenze dialogano in un atteggiamento capace di contaminare idee e discipline che connota la sua attività progettuale e intellettuale ma anche la sua vita. Tale eclettismo deriva dalla sua formazione che egli stesso considera multiforme e bizzarra, perché caratterizzata dall’unione di un’istruzione e una cultura estremamente scientifica, matematica e fisica, acquisita durante il percorso accademico presso MIT, e da un’erudizione storica e umanistica costruita al suo rientro in Italia, che spazia dalla storia dell’architettura italiana alla filosofia, dalla letteratura alla musica3.
L’architetto milanese è anche padre di quattro meravigliosi figli i quali, cresciuti a suon di dotto e sottile umorismo – talvolta un po noir e pirandelliano – di film di Austin Powers, poesie di Emily Dickinson e di Paul Valéry, di folk rock anni sessanta, hanno sicuramente ereditato quel gene di creatività che coltivano in diverse forme. I figli insieme alla splendida moglie architetto, Francesca Cadeo – con la quale ha redatto a più mani il volume dedicato al lavoro di Asnago e Vender – costituiscono l’entourage familiare del progettista al quale si riferisce con frequenza durante le sue lezioni, conferenze, interviste, in quanto rappresenta la prevalenza di quell’elemento di disordine della vita umana che la sua architettura tollera e avvolge4.

Foto di Vittoria F. M. Dubini
In lui interagiscono rigore scientifico e libertà creativa che si manifestano non solo nelle sue opere architettoniche ma anche nella sua professione di architetto, docente e padre. Stravagante e geniale, Cino Zucchi è tuttavia uno stakanovista che persegue con passione e grande impegno il proprio mestiere, concepito come un dovere ma anche come un’esigenza espressiva che prende forma nelle sue creazioni. Sempre immerso fra un progetto ed un altro, fra la preparazione di un seminario e la stesura di un saggio, è accompagnato nelle sue lunghe giornate di lavoro dai versi di Leonard Cohen, di Bob Dylan e dalle note dell’indie rock canadese.
In Cino Zucchi convivono e si intrecciano i molteplici interessi di carattere scientifico e le diverse passioni umanistiche che egli coltiva e colleziona. Tanto il suo ambiente lavorativo come quello familiare formano una sorta di museo costituito da una serie infinita di oggetti stravaganti apparentemente kitsch e camp, da monumenti in miniatura, insoliti souvenir raccolti durante i suoi svariati viaggi, giocattoli e diavolerie tecnologiche, stampe e statuette in vinile, accostati a una biblioteca decisamente variegata e a un’antologia cinematografica e musicale non da meno. Cino Zucchi, vero collezionista compulsivo, è un gentiluomo sui generis che a Natale, piuttosto che un banale golf di cachemire, predilige sicuramente donare uno di questi oggetti ricercati caratterizzati sempre da una sottile ironia e da visioni leggermente spiazzanti.

Foto di Vittoria F. M. Dubini
Sempre al passo con i tempi, l’architetto milanese è tecnologico, attento e informato riguardo alle nuove tendenze socioculturali, attivissimo sui social network come Facebook, da lui concepito come mezzo di espressione e di condivisione di fotografie, considerazioni, canzoni, eventi, divagazioni filosofiche trattate sempre con fare leggero. Costantemente incuriosito dai nuovi talenti artistici, accoglie le forme musicali degli ultimi tempi come il mixaggio di brani, la ricerca e la creazione di nuovi sound, tanto da essersi ultimamente cimentato nell’uso della consolle mediante la quale intrattiene amici e conoscenti durante feste ed eventi con un DJ set firmato CZ. Tendente al nuovo, all’attuale, al giovane, Cino Zucchi è un gentleman innovativo: piuttosto che invitarti al quartetto d’archi al Teatro alla Scala dove si riunisce come consuetudine l’alta borghesia milanese, ti propone un concerto indie o una performance alla Salumeria della Musica, locale underground milanese.
Tuttavia, quella dimensione e quel senso di forte umanesimo derivato dalla sua educazione fa sì che egli rilegga e si rivolga – forse con sguardo romantico – ai maestri della tradizione con i quali dialoga costantemente, atteggiamento critico proprio della sua condizione di artista postmoderno che riflette sulla natura stessa dell’architettura, servendosi dell’infinità delle combinazioni della Biblioteca di Babele. A questo proposito, la sua stravaganza mista alla sua erudizione lo rendono un riferimento intellettuale agli occhi di molti, degli studenti che assistono alle sue lezioni magistrali sempre infarcite di rimandi inaspettati e pur meticolose e profonde. Il suo rigore nell’educare i giovani all’uso adeguato di strumenti, tecniche e nozioni si coniuga alla necessaria interazione trasversale delle discipline. Egli si serve della musica per raccontare e argomentare le dinamiche, i sistemi, i processi architettonici, talvolta allude ad aneddoti familiari, mostra delle fotografie di viaggi personali, fa uso di citazioni del suo amato Paul Valéry, arricchendo e articolando in modo efficiente e inedito il contenuto rigoroso delle sue lezioni. Al di là dei rimandi e dei parallelismi con i quali spartisce la sua attività didattica, il Professor Zucchi dà lezione in Vespa, mostrando i contenuti e le teorie del programma accademico en plein air, adottando un metodo di insegnamento originale, dinamico, efficace e proficuo, trascendendo le consolidate impostazioni accademiche.

Foto di Vittoria F. M. Dubini
Vestito monocromatico, tendenzialmente in blu scuro o marrone, talvolta con una giacca di lana cotta tirolese, la presenza di Cino Zucchi è molto ambita alle cene di amici e agli eventi socioculturali. Tuttavia, bisogna prestare attenzione: qualora le conversazioni dei commensali circostanti risultassero poco stimolanti, l’architetto potrebbe addormentarsi da un momento all’altro; in caso contrario è solito condurre il dialogo, emergendo in modo brillante ed eclettico, intrattenendo i suoi interlocutori mediante lunghe argomentazioni e quotes ricercate.
Cino Zucchi è un vero gentiluomo perché valuta e valorizza le capacità individuali, un indie gentleman perché prescinde dalle convenzioni, norme e dinamiche sociali che conosce stravolge e supera. Una sua frase preferita di Voltaire è: “ho studiato tutti i Padri della Chiesa, ma me la pagheranno”. Ciò non significa che non ti offra la cena ma sicuramente predilige una cucina semplice e soddisfacente, fedele alle ottime e rinomate abilità culinarie della moglie Francesca, piuttosto che uno scarabocchio di sapori nouvelle cuisine. Sebbene risulti un privilegio ottenere la sua attenzione, vista la dedizione ai suoi impegni, nel momento stesso in cui si diventa suoi interlocutori, egli dimostra una grandissima apertura al dialogo volta non solo a istruire e a diffondere le proprie preziose conoscenze, ma anche ad accoglierne nuove nel suo ricco repertorio personale.
«Notonlymagazine», oltre a presentarlo come uno stravagante indie gentleman, lo definisce un genio, di una genialità strutturale insita e intrinseca al suo essere, un essere dotato di un talento che ha coltivato e arricchito per mezzo dell’esperienza.
“Sono un galantuomo, dice, voglio dire che approvo la maggior parte delle mie azioni”5.
Paul Valéry, Tel Quel.
CZA
via Revere 8, 20123 Milano
+39 0248016130
1 ZUCCHI, Cino, Inspiration and Process in Architecture, Moleskine, 2012, pp. 140-141.
2 Ibidem.
3 Ivi, p. 6.
4 CAPITANUCCI, Maria Vittoria, Cino Zucchi: L’umanesimo ci salverà, «Wise Society», 7 ottobre 2010.
5 “Je suis un honnête homme, dit-il, je veux dire que j’approuve la plupart de mes actions”.
VALÉRY, Paul, Tel Quel, «Rhumbs», Gallimard, Parigi, 1944, p. 93.