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Benedetta. Altro amore

di Silvia Simonetti

Aspettando il Festival di Cannes che si terrà tra il prossimo 17 e 28 maggio, parliamo di un film presentato alla scorsa 74° edizione del Festival: Benedetta di Paul Vernhoeven.

Cari lettori e visionari, questa volta vi propongo uno scenario criptico che non attende nessun retroscena narrativo o innovazioni celebrative per le nuove uscite filmiche. Ma racconterò una questione audace e seducente che nel 2021 al 74° Festival di Cannes presentò uno dei film più anticonformisti degli ultimi anni ma che venne giudicato come dilettante blasfemia cinematografica.
Benedetta di Paul Vernhoeven, fu un’opera che poneva delle riflessioni lungimiranti guidate dal moralismo cattolico laddove l’amore diverge e muta in altri mondi paralleli. Quest’ultima raffigurazione venne ancor prima riprodotta dal regista David Birke, anche se la sua vera natura scritturale deriva da Judith C.Brawn con “ Atti impuri”.

Stiamo evocando una storia di finzione ma che fu realmente esistita, ovvero la vita di Benedetta Carlini, una mistica vissuta all’epoca della Controriforma che nacque sui colli di Vellano. Un’infanzia dalle doti soprannaturali e fin da subito devota a Dio, a tal punto di intraprendere un lungo cammino verso la vita monacale. Come in ogni convento, il silenzio è portavoce di grandi segreti nascosti e mascherati da tuniche bianche o nere, con veli che coprono qualunque sembianza femminile.

Dunque vi lascio al primo requisito: le religiose rimangono ancora pudiche senza le loro vesti? Chi diventano? Donne nuove, sconosciute o soffocate dal loro ruolo etico?
Tuttavia questo film è un trattato irripetibile, dedicato a voi donne, care lettrici abbiate cura della vostra conoscenza interiore e anche se è pericolosa, non siete il peccato originale ma l’archè primordiale.

Come disse Clarissa Pinkola Estès in storie di Donne Selvagge: “Non sapevo proprio di poter bruciare con tanto splendore, di poter riempire una stanza di tanto calore.” Ecco, forse la nudità femminile risiede nella passione focolare, la nostra fiamma è il desiderio di essere possedute da un bagliore di luce fulminante come l’amore sessuale e spirituale.
Il focus centrale dell’opera filmica si basa su una storia d’amore che va oltre agli ordini ecclesiastici ma si orienta verso una cura paradossale: amare incondizionatamente l’altro tra l’eccitazione e l’assenza del soggetto amato.

Pertanto Il regista traduce un ultimo messaggio simbolico, ossia è giusto che una donna possa amare un’altra donna? come nel caso di Benedetta (interpretata da Virginie Efira) e Bartolomea?
La loro condotta viene immediatamente espiata dalla Madre Superiora (Charlotte Rampling) e dal nunzio (Lambert Wilson) che attua il processo eretico nei confronti di un sentimento proibito, incomparabile alla tradizione liturgica e matrimoniale.

Allora mi chiedo, si preferisce la libertà degli amanti anche se spesso finiscono per essere separati da forze maggiori, vivendo una vita solitaria trasformandosi in figure castranti e malinconiche o si vuole ritornare al classicismo procreativo, ovvero “di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita, finché morte non ci separi.“?

Care donne scegliete, abbiate buon gusto per l’amore che vi attende davanti alla porta, bussate e se sentite un leggero o anomalo rifiuto, voi resistete con pura dignità senza farsi avvolgere da vesti coprenti.
Ricordatevi questo film esulterà sempre il nostro erotismo, la nostra natura indisciplinata, siamo terra bagnata dal cielo.

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