di Francesca Bianchessi
Un film che stringe prima il cuore e poi lo stomaco questo “Nostalgia” (Martone 2022). Le stesse inquadrature sono strette, piene, affollate di oggetti, senza sfociare nella claustrofobia. È un modo di mostrare i personaggi in una dimensione molto intima, quasi li stessimo spiando dal buco della serratura.
Intimo il personaggio di Felice Lasco (Pierfrancesco Favino)
protagonista interpretato da Pierfrancesco Favino, che torna a Napoli dopo un’assenza di 40 anni. Ritrova e si prende cura degli ultimi giorni dell’anziana madre, mentre cerca di riconoscersi in questa Napoli immutata nel tempo. Nel suo Rione Sanità però non ha lasciato solo la madre ma un amico, un fratello: Oreste Spasiano, pericoloso boss locale contro cui si muove don Luigi Rega, indomito parroco locale.
Sarebbe riduttivo però lasciare questi personaggi nello stereotipo cui il loro ruolo fa riferimento. Nel film, e immagino anche nel libro di Ermanno Rea da cui è stato tratto, i personaggi diventano punti tra cui Felice fa la spola, esplorando la città ed esplorandosi per capire dove sta il suo di posto. Non a caso se c’è un posto dov’è ambientata la vicenda, il posto è tutta Napoli: Felice nel suo soggiorno di pochi mesi cambia diverse abitazioni, gira per le strade, cammina inizialmente sperso come un turista e poi sempre più sicuro dei posti che ritrova. Non a caso un’altra protagonista di tutta la vicenda è proprio la città partenopea.
Qui occorre fare un piccolo inciso, abbiate pazienza: io non ho mai avuto la fortuna di visitare Napoli. Ciò che ho appreso da film e libri, sono le sue facce agli estremi, “lu sole e lu mare” dei turisti e quella di Scampia, quella di Gomorra. Poi però sento parlare le persone, loro dicono che “No, Napoli è un’altra cosa”. Ecco in questo film si vede “l’altra cosa”. Una Napoli dove la miglior soluzione ai citofoni rotti è tenere aperta la porta, ché tutti possano entrare! Una città vitale, dove incombe la criminalità organizzata ma piena di sostanza, di materia grezza e ricca.
Perché allora è un film che stringe cuore e stomaco?
Per l’intimità con cui Felice vive tutte queste realtà contrastanti. La tenerezza con cui accudisce una madre anziana, lui ancora straniero in casa sua, è un momento toccante. Arriva a badarla troppo tardi: la delicatezza con cui la spoglia, spiegandole che come quando lui era bambino e lei gli faceva il bagno, così avrebbe fatto lui è da brividi. La porta via dal tugurio nel quale si era accontentata di vivere, verso una casa coi limoni e il sole. Sono delicate attenzioni che davvero stringono il cuore, soprattutto perché tardive. La stretta allo stomaco arriva quando, man mano che Felice torna ad appartenere a Napoli, la città non lo lascerà più andare in un finale che speri non arrivi e che invece coglie puntuale il protagonista per mano dello stesso amico d’infanzia Oreste.
Cast eccezionale: Pierfrancesco Favino e Tommaso Ragno
In ultimo uno e più apprezzamenti alla recitazione di tutti, ma in particolare di Ragno e Favino. Tommaso Ragno (Il cattivo poeta, 2021; La Pazza Gioia, 2016) nel film è Oreste, praticamente un fantasma. Non si vede mai, parla pochissimo, ma dal personaggio traspare il vuoto coperto di rabbia che si rompe per un momento solo quando parla con il vecchio amico. E poi Favino con il lavoro spettacolare sull’accento (abilità già apprezzata ne “Moschettieri del re” del 2018) ma che qua raggiunge un vero picco quando dall’accento arabo, Felice ha vissuto 40 anni al Cairo, passa gradualmente al napoletano.
Nonostante non sia un film leggero, è un film che mi sento di consigliare a tutti, per avere una nuova prospettiva su Napoli e, più in generale, sull’animo umano.