di Francesca Bianchessi
Continua la nostra serie sullo spazio. Dopo aver parlato di fine del mondo con Dont’ look up (McKay, 2021) e parlato di esplorazione spaziale in Apollo 10 ½ (Linklater, 2022), oggi visitiamo un mondo a cavallo tra i due. Nostro anfitrione d’onore è Elon Musk, protagonista assieme alla sua SpaceX di questo documentario Netflix: Ritorno allo spazio (Jimmy Chin e Elizabeth Chai Vasarhelyi, 2022).
È una storia a metà tra le due sopra citate perché è sia un sogno, di un uomo ma anche dell’uomo, che la nostra fuga dall’estinzione. Musk si è espresso più volte sul destino dell’uomo: estinguersi per tutto ciò che può accadere sulla terra, dal riscaldamento climatico alla caduta di un meteorite, ma ciò accadrà solo se non riusciremo a diventare una specie interplanetaria.
Un sogno, per molti, ma Musk lo sta pian piano realizzando fondando e portando la sua azienda, la SpaceX, ad innovare i viaggi spaziali e collaborare con la NASA. Il documentario ripercorre tutta la storia che va dall’idea al primo volo spaziale con umani a bordo realizzato da un’azienda privata.
A questo punto l’obiezione che sorge è: “eh, ma se avessi tutti quei soldi ci riuscirei anch’io!”. È un’obiezione che talvolta ci giunge alla mente anche se non sappiamo bene da dove arrivi… eppure non è così: credo che in pochi avrebbero investito la loro consistente fortuna in una nuova era di esplorazioni spaziali.
È proprio a questo però che serve un documentario come questo. Ci serve a ricordare a noi spettatori che applaudiamo ad un lancio spaziale ben riuscito, quanto lavoro serve per giungere ad una simile impresa. Non solo il denaro, ma le tante teste che formano una squadra capace di questo traguardo. La costruzione di questo percorso attraverso i molti fallimenti e le preoccupazioni rispetto agli errori del passato.
L’incidente del Challenger del 2003 che segnò la morte dell’intero equipaggio al rientro dell’atmosfera, ad esempio, viene affiancato al rientro della navicella Crew Dragon Demo-2 (della SpaceX) che rientra in sicurezza, crea un efficace momento di tensione.
Nello specifico il documentario è molto divulgativo, non aspettatevi un documentario spigoloso come Bowling a Colombine (Moore, 2002) e non raggiunge la poesia di Fuocoammare (Rosi, 2016).
Fa il suo lavoro di spiegazione e pone la giusta enfasi su quella che è a tutti gli effetti l’esplorazione dell’ultima frontiera (cit.). Creato per chi deve recuperare un po’ di storia della SpaceX (e dell’uomo Musk), ma anche per chi non si ricorda com’è un sogno spaziale.
Tutto questo, in attesa del vero “Ritorno allo spazio”.