di Margherita Sala
A Milano si parla di architettura contemporanea nelle scuole superiori
Del nostro vivere contemporaneo colpisce sempre di più il trovarsi in luoghi che paiono non avere nulla in comune con quelli della città storica. Le dimensioni degli edifici, i materiali di costruzione e le tecnologie utilizzate parlano un linguaggio che sorprende. Si potrebbe essere portati a porre l’accento su di un preconcetto contrasto tra ciò che è nuovo e ciò che viene dal passato e di cui siamo abituati a leggere il valore. Un dualismo così espresso porta ad una rottura che può far erroneamente percepire le trasformazioni a cui stiamo assistendo totalmente avulse da ciò che le ha precedute. Per superare ciò dobbiamo porci con un atteggiamento aperto, fiducioso e comprendere che il contemporaneo richiede nuovi criteri di lettura nei quali l’aspetto di condivisione e valore culturale del costruito assumono un ruolo importantissimo che ne determina la qualità. La migliore architettura è, in questo senso, fortemente radicata nel luogo in cui si colloca e si pone come “bene comune”. Vale a dire che nelle trasformazioni della città, il ruolo urbano dei nuovi edifici e degli spazi che essi determinano, siano queste strade, piazze, cortili, è un elemento fondamentale per la loro comprensione.
La scuola italiana ha un forte radicamento nella cultura di matrice classica e nell’insegnamento ex-cattedra delle discipline. Qui appare sempre più necessario dare strumenti per comprendere la società attuale e noi architetti possiamo contribuire a far apprezzare lo spazio in cui vivono i cittadini del domani. Per fare questo è efficace introdurre modalità di comunicazione con gli studenti che abbiano nel loro contributo una parte importante della formazione. Con queste premesse il progetto La città cambia, e noi? (www.lacittacambiaenoi.it) parla di architettura contemporanea nelle scuole superiori milanesi. Nato cinque anni fa all’interno di atelier mobile, associazione che organizza workshop di progetto e costruzione per neolaureati, e supportato dall’Ordine degli architetti di Milano, svolge nella nostra città un attività esistente da tempo nelle scuole di altri paesi. Numerosi Istituti milanesi, pubblici e privati, lo seguono. Le curatrici (Veronica e Chiara Scortecci, Francesca Battisti e chi scrive) sono professioniste impegnate nell’attività progettuale che hanno o hanno avuto un ruolo all’interno della formazione universitaria. La passione condivisa per l’architettura, il momento storico in cui si trova la città di Milano nella quale sono in atto trasformazioni di vaste aree del territorio, la necessità delle scuole di avvicinare gli studenti alle dinamiche della realtà in cui vivono, costituiscono le premesse per un’attività di cui si sentiva la necessità e la mancanza. Aree come Porta Nuova, City Life, Portello, Milanofiori Nord, Maciachini o edifici come la nuova Bocconi, il Mudec, la Fondazione Prada e altri, diventano il luogo in cui si calano temi non solo locali ma che accomunano l’architettura contemporanea milanese a quella internazionale. Il lavoro è organizzato in tre incontri di cui, almeno uno, è una visita. I ragazzi sono poi chiamati anche a visitare da soli un’area e a comunicare le loro riflessioni attraverso video, fotografie e testi all’interno di un workshop. A volte il lavoro consiste nell’espressione di un giudizio su di un concorso di architettura del quale i ragazzi formano la giuria. Incontri e visite sono diventati, per molte scuole milanesi, un momento formativo importante per i propri studenti che possono trovare, nella comprensione delle ragioni della realizzazione dello spazio in cui vivono, uno stimolo ad un legame e ad un uso responsabile, e magari anche creativo della città.
Ci piace cogliere il loro interesse nel ripercorrere luoghi già visti comprendendone le ragioni, nello scoprire parti della città inesplorate, nel essere sorpresi dalle potenzialità di nuovi spazi che possono garantire luoghi diversi di incontro.