Di Eleonora Attolico
La passione per i libri, il pianoforte, l’arte. Massimo Navoni, ravennate di nascita e milanese di adozione, oggi ricopre il ruolo, diciamo noi per semplificare, di coordinatore culturale al MUDEC (Museo delle culture di Milano), uno dei simboli della rinascita della città. Ex fabbrica Ansaldo, oggi questo polo espositivo è considerato punto riferimento per l’etnografia. È la risposta milanese al Quai Branly di Parigi. La mostra su Frida Kahlo ha totalizzato 360mila visitatori per non parlare della recente expo dedicata alla casa di moda meneghina Etro. Il calendario è fitto. A fine ottobre ci sarà una monografica su Paul Klee, in novembre una grande esposizione dedicata al misterioso street artist Bansky. Inoltre Navoni è responsabile dei progetti speciali per la casa editrice del Sole24ore Cultura. Nei prossimi mesi dovrebbe uscire un volume di testi e foto dedicato alla figura di Mario D’Urso, banchiere e Senatore della Repubblica, scomparso nel 2015. I casi della vita: un gentleman cura un coffee table book sul percorso di un uomo che, per eleganza e stile, è molto simile a lui. Per la verità gli interessi dell’uno e dell’altro sono differenti. D’Urso era legato soprattutto alla finanza, alla politica e alla mondanità , Navoni all’editoria e più in generale alla cultura. Coltiva anche una passione per la fotografia e la moda. Amicizia con il fotografo Paolo Roversi e con l’ex modella e stilista (cognata di Mario D’Urso) Inès de la Fressange. Cerchiamo di conoscerlo attraverso una serie di domande che non vogliono essere un questionario di Proust anche se Massimo Navoni è un lettore della Recherche du Temps Perdu.
Cominciamo proprio dalla Recherche. Quale il suo personaggio preferito?
Robert de Saint Loup. Quando questo ragazzo conosce il narratore per la prima volta nella cittadina balneare di Balbec. Entra al Grand Hotel e Proust descrive la disinvoltura con la quale il monocolo gli volteggia davanti come una farfalla. Indimenticabile. La Recherche è anche molto divertente. Odette che ostenta parole inglesi come Christmas e pudding.
Ha studiato a Ravenna al liceo classico Dante Alighieri e dopo giurisprudenza a Bologna. Lei dichiara di essere sempre stato affascinato dai libri. Prima ancora di cominciare le scuole elementari, le piaceva l’oggetto?
Esatto e il destino ha voluto che incontrassi sul mio cammino Franco Maria Ricci. Era il Dicembre del 1987. Iniziai nel gennaio ’88. Abbiamo lavorato insieme undici anni. È stata la mia formazione. Mi ha trasmesso anche l’interesse per i libri antichi ma soprattutto il metodo, il rigore, la maniacalità. Ricordo ancora i fatidici “tre giri di bozze” (potevano anche essere di più) perché un volume o una rivista dovevano essere perfetti. Si leggevano i testi al contrario.
Cioè ? Ci spieghi meglio il trucchetto…
Per trovare il refuso si partiva dall’ultima parola risalendo alla prima. Guardando il testo in senso inverso non ci si lascia prendere dal senso della frase. Sono segreti della vecchia scuola…
E cosa faceva da FMR?
L’editore mi chiamò perché aveva un progetto Grand Tour. Una mappatura dell’Italia. Entrai in una redazione dove si concepivano guide sulla falsa riga del viaggio intrapreso nel Sette e Ottocento dai giovani aristocratici europei. Poi diventai l’assistente di Franco Maria Ricci. Ho visto passare in ufficio personaggi che hanno fatto la storia del Ventesimo Secolo.
Chi per esempio?
Valéry Giscard d’Estaing . Me lo trovai davanti alla scrivania, all’improvviso: “Bonjour Monsieur le Président….”. Potrei citare anche Gianni Versace, Michail Baryšnikov, l’illustratore René Gruau, lo scrittore Giovanni Testori…
Poi passò all’Electa, giusto?
Esatto. Dal 2000 al 2014. Decisi di lasciare FMR per misurarmi in un grande gruppo come Mondadori. Anche Electa aveva una storia importante, era stata fondata da Bernard Berenson. Anche qui ho vissuto esperienze indimenticabili. Il mio primo presidente Leonardo Mondadori pieno di talento, sensibilità e cultura, Vittorio Storaro il Maestro della fotografia con cui ho realizzato quattro volumi, per non parlare di Serge Lutens, il re dei profumieri con cui passai un periodo a Marrakech nel laboratorio dove inventava le essenze… Più che coffee table book mi piace chiamarli alla francese : beaux livres. Ne ho fatti anche con Steven Meisel, Dolce & Gabbana ecc…
Parliamo dell’oggi…
Il Gruppo 24ore vinse il bando per la gestione del MUDEC. A quel punto fui chiamato per far parte della squadra. Abbiamo superato il milione e mezzo di visitatori in meno di quattro anni. Un successo. Mi occupo delle mostre e degli eventi speciali. Entro in contatto con artisti e collezionisti, continuo ad emozionarmi. E’ il privilegio di questo lavoro.
Come è cambiato il rapporto con i media?
Il MUDEC è uno spazio contemporaneo di respiro internazionale. Punta sui social networks che creano grande interazione con gli utenti. Tutto radicalmente diverso dai miei esordi. Ecco un vantaggio di questo mestiere: ti aiuta a “rimanere sul pezzo” e a seguire i comportamenti del pubblico e degli influencers.
Non la irritano?
No. Mi divertono. Seguo volentieri le varie pagine di Facebook e Instagram che riguardano il museo. Per la mostra di Bansky mi aspetto un gran traffico.
Suona il pianoforte. Quali i suoi compositori preferiti?
Ho studiato dodici anni. Amo Chopin, De Bussy, Bach. Mi esibisco per gli amici e vado spesso a vedere concerti e opere alla Scala. Nella lirica in particolare prediligo Mozart e la trilogia con Lorenzo da Ponte librettista: Don Giovanni, Le Nozze di Figaro e Così Fan tutte che considero modernissima.
Balla anche?
Alle feste perché mi diverte. Sono sempre il primo a entrare in pista e l’ultimo a lasciarla.
In vacanza a Pietrasanta?
Talvolta le combino con il lavoro. Al MUDEC abbiamo organizzato una mostra quest’estate sullo scultore messicano Javier Marín. I suoi galleristi sono a Pietrasanta. In centro, in agosto, avevano esposto delle gigantesche sculture di un altro personaggio interessante: Manolo Valdés. Inoltre ho potuto visitare i laboratori dove hanno lavorato Henry Moore e Igor Mitoraj. Sono ambienti generalmente chiusi al pubblico dove gli artisti si recano per utilizzare certi macchinari.
Altre mete da Grand Tour?
Mi piace il Centro Italia, in particolare Toscana, Umbria e Marche.
Parliamo di moda. Scarpe? Calze sempre?
Le Church e le Tod’s. Non sono uno “scalzato”. Mi piacciono quelle a righe di Gallo, ne ho tante.
I vestiti se li fa su misura?
Dipende. Anche confezionati, da Dolce & Gabbana hanno una collezione sartoriale molto ben fatta. A Milano per il su misura vado alla Sartoria Vinci. Mi sono appena regalato dei vestiti con il lino Solbiati. Devo tornare in atelier al più presto perché ho ricevuto in dono un principe di Galles meraviglioso di Vitale Barberis Canonico. Sul casual amo Ralph Lauren, lo trovo alla Rinascente.
Per restare nel mondo della moda come ha conosciuto Inès de la Fressange?
A Milano quando aprì la sua boutique in via Montenapoleone. Poi ci siamo rivisti spesso anche a Parigi.
Quale i suoi ristoranti preferiti ?
A Parigi, nel Marais, Le Petit Fer à Cheval dove fanno una Tarte Tatin sublime, a Milano La Bice e L’Osteria del Binari in via Tortona. Il tutto annaffiato con vini rossi toscani, un buon Chianti, per esempio. Inoltre mi piacciono quelli del Trentino e lo champagne. Dopo, mi sento in colpa e corro ad allenarmi in palestra, al Get Fit, in via Ravizza…