di Arianna di Perna
Vivere non è un gioco da ragazzi, adattamento del libro dal titolo Il giro della verità di Fabio Bonifaci, racconta del percorso difficile affrontato da un ragazzo finito nel giro della droga e con un grosso peso nel cuore. La fiction porta un percorso di redenzione che lo porta a confessare al padre e alla polizia l’accaduto mentre tutti faranno i conti con i propri segreti.
La serie con protagonisti il giovane Riccardo De Rinaldis Santorelli, Nicole Grimaudo, Stefano Fresi e Claudio Bisio, è un prodotto familiare, con particolare attenzione al pubblico dei genitori, si allarga a un pubblico vasto, rivelando la coralità di un disagio che in qualche modo contagia tanti, tra i ragazzi ma anche tra gli adulti. Troviamo una grande attenzione alla paura, alla vergogna verso qualcosa che si vuole nascondere perché colpevoli di qualcosa di molto grave e rischioso. Il tema della responsabilità viene evidenziato mettendo in gioco implicazioni verso la consapevolezza e il coraggio delle proprie azioni e il modo più basilare per tentare di nasconderle. La morte del migliore amico del protagonista, Mirko (Tommaso Donadoni) e la relazione tossica che ha con Serena (Matilde Benedusi) porta alla luce problematiche sociali e psicologiche che vanno oltre l’uso delle droghe.
Rimangono solo vittime, calcate da ansie, tormenti di coscienza, scommesse e inganni portando in scena il disagio giovanile di una generazione bombardata da input logoranti e dispersivi che non permettono all’essere umano di essere ciò che è. Oggi un’adolescente, soprattutto, ma l’uomo in generale è una persona con poche certezze e molte insicurezze che cerca di essere sempre perfetto, in un mondo che ti punta il dito contro, facendoti sentire sempre inadeguato, inespresso perché forse non è sempre ciò che vogliamo. Invece, dovremmo essere noi a gestire la nostra vista, fregandocene di quello che gli altri vogliono o pensano di noi, pensando da soli a ciò che è meglio per noi e per le persone che ci circondano.
Il mondo ci lascia spenti e sconsolati, in una guerra di centralità ed egocentrismo, dove per forza qualcuno deve fregare il prossimo, dove con l’abuso di sostanze, come in questo caso, sei perfetto, puoi fare tutto e puoi essere chi vogliono gli altri.
La fiction si pone dalla parte dei giovani, dando un quadro un po’ enfatizzato, ma efficace, caratterizzando i personaggi in maniera corretta, facendo entrare gli adulti e la loro genitorialità nel mondo adolescenziale, fatto di disparità, invidie, dolori ma anche gioie, soddisfazioni per una vita che è lì, pronta per essere vissuta.