di Silvia Simonetti
L’immensità di Emanuele Crialese e il Queer Lion Award
Il cinque settembre del 2022 si svolse la prima del piccolo e semplice capolavoro cinematografico di Emanuele Crialese dal titolo destinato a commemorare la vita di ogni giorno: l’immensità. Film in concorso per la selezione al Leone d’oro per il miglior film e al Queer Lion Award.
L’etica di genere nella Roma anni Settanta
Si tratta di un duro cammino per accogliere una nuova diversità filmica. Ambientato in una Roma degli anni Settanta laddove l’etica di genere comincia a emerge, torna un liberalismo rivoluzionario in cui le famiglie e figli vivono la transizione del proprio tempo, talvolta con una scolorita ribellione. È il caso della famiglia Borghetti, protagonisti di una borghesia costruita su alibi e fili deboli, inclini a una perfetta commedia nera.
Penelope Cruz
Quest’ultimi si trasferiscono in un’altra dimora e da questa dipartita inizia la trasformazione di ogni delirio morale. Il regista espone la sua autobiografia vitale nei sentimenti esplosivi della figlia maggiore Adriana che si fa chiamare Andrea e nel legame caloroso con la madre interpretata da Penelope Cruz, nobile presenza scenica e attoriale.
Stile di regia
Un film dettato da una vulnerabilità narrativa, una partita passionale laddove si spera di abbattere ostacoli e scontri fluorescenti, tra il pop musicale italiano dell’unica e leggendaria Raffaella Carrà e la melodia malinconica di Patty Pravo.
I dialoghi sono confidenziali e i luoghi ricordano un’Italia movimentata, ma in particolar modo è una regia che si orienta sull’appartenenza di genere. La figlia Adriana che si sente in un corpo differente e ricerca la natura alchemica dell’autenticità sessuale.
Emanuele Crialese tra film e autobiografia
In una delle ultime attestate giornalistiche, il regista Crialese si espresse con coraggio che lo distingue da qualsiasi giudizio medioevale e ostile: “ho dovuto lasciare un pezzo del mio corpo, ma io sono uomo e no, donna e no e voglio rimanere così e spero di non minacciare nessuno per questo.”
Non c’è nessun ripudio anzi dovremmo comprendere il dualismo umano e sessuale, il cineasta ci spinge fortemente a osservare una natura arcaica, fin dai tempi dionisiaci c’è un’alterazione individuale del nostro corpo, un’androginia velata e dal desiderio di essere al di fuori di noi stessi e riconoscere l’indole identitaria.
Nelle menti bigotte sarà una rappresentazione castrante ma in realtà Crialese è riuscito a pieni voti a restituirci una cura e un senso privilegiato di un’originale etica sociale, una modernità sconfinante, tramutata nell’immensità della libera espressione d’amore.
Un epilogo senza vergogna o imbroglio divulgativo anzi finiamo nelle mani protette e valorose di Penelope Cruz ; “Perché da spettatore vedi dove quelle due persone vogliono andare, fino a che punto meritano quella libertà, come la creatività sia parte di loro, il desiderio di essere ciò che veramente sentono di essere intimamente.”