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Il Padrino

Il Padrino

di Marta Dore

Quando Marlon Brando interpretò il vecchio don Vito Corleone nel Padrino di Francis Ford Coppola aveva 47 anni. Era nato infatti nel 1924: il prossimo 3 aprile avrebbe compiuto 100 anni.

Per capire in che condizioni fisiche era al tempo, basta pensare che l’anno dopo – il 1973 – avrebbe girato Ultimo Tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, dove era sostanzialmente se stesso: un bellissimo uomo nel pieno della maturità, non certo una persona prossima alla morte.

Eppure, nel film diretto da Coppola che lo aveva voluto per quel ruolo nonostante l’ostilità dei produttori, Marlon Brando è un vecchio sfinito dalla lotta e dalla vita. Questo peso – degli anni, delle fatiche e delle violenze compiute – è evidente nel viso, nella postura, nel corpo, nella parlata dell’attore, che dimostrò ancora una volta di essere uno dei più grandi interpreti del Novecento. Non si trattava solo di trucco infatti: è vero che recitò tutto il tempo con del cotone nelle guance per ottenere quella faccia da bulldog, ma era la sua interpretazione a trasformarlo da splendido quarantenne a uomo anziano e consumato.

Per quel ruolo, Brando ricevette un Oscar (il suo secondo) come migliore attore protagonista (ma lo rifiutò mandando sul palco al suo posto una giovane attrice Apache, Sacheen Littlefeather per protestare contro il trattamento denigratorio e violento cui erano sottoposti gli indiani d’America).

Il film racconta la storia di don Vito Corleone, appunto, della sua famiglia di sangue e di quella mafiosa, dedita principalmente all’organizzazione del gioco d’azzardo illegale e a racket sindacali.

Don Vito ha quattro figli, Santino (James Caan), Fredo (John Cazale), Connie (Talia Shire, sorella del regista) e Michael (Al Pacino), soldato decorato della Seconda guerra mondiale e unico dei figli a non essere all’inizio coinvolto negli affari criminali della famiglia. In più c’è il figliastro Tom Hagen (Robert Duvall), avvocato e fedelissimo consigliere.

E poi c’è la famiglia composta dagli ‘amici’, cui don Vito dà protezione in cambio della loro fedeltà e disponibilità a compiere quello che chiede loro, che siano omicidi, minacce, accordi d’affari, o anche interventi di maquillage per rendere presentabile un cadavere mitragliato di colpi. Se fai parte di questa famiglia, non puoi rifiutarti mai di fare quello che ti è richiesto.

Vito Corleone è il capo mafia più potente tra i cinque che controllano New York, ma è un padrino vecchia maniera e non vuole aprire al nuovo mercato della droga, che disprezza e osteggia. Il suo rifiuto di aiutare le altre famiglie mafiose a entrare in questa nuova sfida criminale scatena una guerra violentissima che porterà a tradimenti, agguati, omicidi. Restano colpiti anche lo stesso don Vito e suo figlio Sonny, che morirà. Il giovane Mike prenderà il posto del padre, ferito, indebolito e ormai fuori fuoco, e affronterà con ferocia inaspettata il regolamento di conti tra le cinque famiglie, fino a fare intravvedere un ulteriore salto del livello di potere del suo clan mafioso.

Lo scenario è la New York tra gli anni Quaranta e Cinquanta, umida e buia, con una polizia corrotta, così come corrotte sono la politica e la stampa; ma una parte del film è girata in una Sicilia bucolica, luminosa e morbida, per quanto raggiunta anch’essa dalla violenza.

Il Padrino è considerato uno dei capolavori della storia del cinema, sicuramente della Nuova Hollywood, che si espresse tra la metà degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta con registi che vanno da Stanley Kubrick a Martin Scorsese, da Steven Spielberg a Francis Ford Coppola appunto. In effetti, anche a riguardarlo oggi, il film non ha perso niente della sua potenza narrativa e rappresentativa. E ci sono trovate e scene che hanno fatto la storia: da quella della testa del cavallo nel letto del produttore cinematografico che non si voleva piegare alle richieste di don Vito, fino alla sequenza finale che alterna il battesimo del nipote di Mike Corleone sulle note di Bach (il neonato era Sofia Coppola) alla mattanza finale, che sancisce il trionfo del nuovo padrino.

Oltre a tutti i meriti che ha questo film, legati alla qualità complessiva (Oscar come miglior film), alla sceneggiatura (Oscar per la migliore sceneggiatura non originale), alla colonna sonora di Nino Rota, ci sono quelli che riguardano la sapienza con cui è stato messo insieme il cast da Coppola, anche contro i pareri di chi lavorava con lui. E se Marlon Brando, che veniva da anni di disgrazia professionale, arrivò a vincere l’Oscar, Al Pacino e Diane Keaton – che interpretava la fidanzata di Michael Corleone – passarono da essere semi esordienti alla piena notorietà hollywoodiana. Segno della lungimiranza di Francis Ford Coppola, che divenne poi uno dei più importanti registi della storia del cinema.

 

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