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It's Okay to Not Be Okay

It’s Okay to Not Be Okay

di Francesca Bianchessi

Oggi parliamo di una serie TV Netflix del 2020 e che, nonostante non sia una novità sulla piattaforma, è risultata una visione molto piacevole e anche divertente.

Una premessa, non sono avvezza alla narrazione coreana, lo sottolineo perché, chi di voi che mi legge e invece conosce meglio questo tipo di modo di raccontare le storie, potrebbe trovare alcune cose che a me hanno stuzzicato, trite e ritrite. D’altronde fino a qualche tempo fa erano Cina e (soprattutto) Giappone a fare la parte del leone, ora, con il successo di “Parassite” (Bong Joon-ho, 2019) e la serie “Squid Games” (Hwang Dong-hyuk, 2021), anche noi pubblico occidentale poniamo più attenzione alla penisola coreana.

Ma cos’ha “It’s Okay to Not Be Okay” (Park Shin-woo, 2019) che mi fa dire che val la pena guardarla?

It's Okay to Not Be Okay

Beh, partiamo dal contenuto: la serie parla di una storia d’amore. Gang-tae è un infermiere di un ospedale psichiatrico con un fratello autistico, totalmente a suo carico, Sang-tae (interpretato da Oh Jung-se, che offre una prestazione molto realistica). Insomma Gang-tae è portato per esigenze familiari e lavorative ad avere molta pazienza. Pazienza che viene messa a dura prova da Moon-young che, probabilmente, non sta in un ospedale psichiatrico solo perché non sono stati abbastanza veloci per prenderla.

Lei, Moon-young, è una scrittrice di libri per bambini potremmo dire alla Tim Burton: storie tristi e gotiche. Soprattutto è una bambina capricciosa e senza filtri, con un passato traumatico con il suicidio materno e il tentativo del padre di ucciderla.

Ovviamente, quando Moon-young vede l’infermiere, le piace e lo vuole, ma lui è sfuggente e inizia una sequenza di inseguimenti tra i due per i motivi più disparati, dalla fuga di pazienti dall’ospedale psichiatrico, alla fuga di lei dal suo editore.

Nulla di nuovo fin qui, la peculiarità è la leggerezza con cui è trattata la storia che è puntellata di animazioni e raccontata come se fosse una fiaba. I caratteri dei personaggi sono al limite del cartoonesco, in particolare quello della nostra scrittrice che è praticamente una strega cattiva.

Insomma le dinamiche risultano leggere e divertenti, anche se a tratti stucchevoli, ma davvero come primo approccio a questo tipo di prodotto. Diciamo che potrebbe diventare la vostra serie comfort di buoni sentimenti e di accettazione del diverso: provare per credere!

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