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LASCIANDO LA BAIA DEL RE

4 Luglio 2016
1.385 Views
di Marta Dore
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Quella dei documentari è una categoria cinematografica considerata di nicchia fino a pochi anni fa, ma che a poco a poco ha conquistato la ribalta grazie a lavori di grande spessore, capaci di concentrare l’attenzione su scottanti temi trascurati, o di incantare per la potenza delle immagini oppure di farci conoscere mondi lontani dove non potremmo avventurarci, o ancora in grado di riproporci avvenimenti passati attraverso una narrazione inaspettata, che ci fa guardare in modo diverso a quello che è stato. Basta pensare al successo di critica e di pubblico che ha incontrato Gianfranco Rosi prima con il suo Sacro Gra e poi, quest’anno, con Fuocoammare che ha vinto l’Orso d’oro a Berlino.LB_finestra

Uno dei più interessanti documentari italiani realizzati in questi ultimi anni è Lasciando la Baia del re, scritto e diretto da Claudia Cipriani. Candidato al David di Donatello come miglior documentario nel 2012, è un lavoro prezioso, realizzato in un lungo arco di anni, che comincia raccontando una storia legata al sociale – l’azione di un gruppo di volontari con alcuni ragazzini del quartiere Stadera a Milano – e finisce per entrare nel privato della regista, che mentre dava alla luce la sua bambina, Dalia, ha dovuto affrontarne la morte a causa di un errore medico. È un film diviso a metà quindi, con due parti nettamente distinte, c’è un prima e un dopo anche a livello stilistico. La cesura è uno strappo e non potrebbe essere diversamente.

lasciando-la-baia-del-reLa prima parte è dedicata al lavoro dell’associazione La Baia del Re, che organizza un servizio di doposcuola nel quartiere Stadera, periferia di Milano. Claudia Cipriani insegnava ai ragazzini tre pomeriggi la settimana, insegnava e filmava, regalandoci momenti di tenerezza e divertimento per le battute dei ragazzi, le loro fatiche, i loro sogni, il loro linguaggio. Qui Claudia conosce Valentina, una ragazzina che ha la sofferenza segnata nel corpo sovrappeso e marchiato dai piercing, figlia di una madre amorosa ma tossica, il padre in galera e lei di un’intelligenza spiazzante. Claudia e Valentina si annusano prima, poi il loro legame diventa più stretto finché Valentina chiede a Claudia di farle provare la videocamera, mostrando di avere talento e sensibilità per l’arte del riprendere. Già qui il racconto cambia, gli sguardi si moltiplicano, Claudia entra in scena ripresa da Valentina e con lei la sua pancia che cresce. Fino allo strappo, terribile.

Il documentario ricomincia sette anni dopo. Claudia e Valentina fanno un viaggio insieme fino alla Baia del Re, al Polo Nord dove partì il dirigibile guidato da Umberto Nobile nel 1928 nel suo tentativo di sorvolare i ghiacci dell’Artide. Per le due donne quel viaggio nel silenzio di quei luoghi vuoti e gelidi diventa l’occasione per riconciliarsi con le loro storie dolorose, per riavvicinarsi e superare le rispettive tragedie, forse per riconciliarsi anche con se stesse, con le persone che sono diventate anche attraverso le vicende difficili delle loro vite. «Per me quel viaggio al Polo Nord è stato il regalo di Dalia, senza di lei non ci sarei andata. E quel viaggio mi ha permesso di pensarla anche così, non solo con rabbia, dolore e tenerezza ma anche come quel passaggio incredibile e luminoso che non avevo mai visto», ci dice Claudia. Lasciando la Baia del re è un film che commuove fino alle lacrime, e però pieno di speranza, che mostra come l’identità di una persona si arricchisca nel donarsi agli altri ma anche accettando l’aiuto che gli altri ti possono dare. Chi vuole vederlo può richiedere il dvd sul sito www.lasciandolabaiadelre.it, facendo una donazione all’associazione Ciao Lapo, che con il ricavato finanzia progetti audiovisivi relativi a tematiche correlate alla morte e al lutto perinatale in lingua italiana.

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