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L’ironia e l’assurdo: l’enigma di Italo Rota

4 Luglio 2016
2.526 Views
di Cristina Ruffoni

 

L’architettura è un groviglio di nostalgia e di anticipazione estrema..”

Jean Baudrillard

Revisionare, correggere, arricchire, andare oltre, saperne di più, spostare l’angolo dell’osservazione, andare a scoprire l’altro lato oscuro, indagare ogni volta l’inconsueto e il lato debole: un intrico di contraddizioni, sembra essere  l’avventura intellettuale dell’architetto Italo Rota, espressa e diluita nel libro Cosmologia Portatile (Qodibet), un atlante di disegni, un dizionario di note, più che un manifesto ufficiale o un trattato teorico, un diario intimo, destinato a rinnovarsi, scritto da colui, che considera il suo lavoro di architetto come quello di un dilettante, che ha realizzato tanti progetti ma non ha l’ossessione dell’architettura, come lui stesso ha sempre raccontato.

Musei civici di reggio emilia: foto: Carlo Vannini realized 2014

Musei civici di Reggio Emilia, foto di Carlo Vannini, 2014

Il coerente eclettismo di Rota, tra rinnovata meraviglia e strategia costruttiva,  che rifiuta di erigere nuovi monumentali complessi architettonici,  per concentrarsi in interventi  di riqualificazione e valorizzazione di aeree urbane e edifici storici, come l’ex Carlo Erba nella zona Maciacchini, con il primo teatro solo per bambini o l’Arengario,  trasformato nel 2011 nel Museo del Novecento a Milano, ci riconducono a ripercorrere gli anni 60’ e 70’, un gran subbuglio, dove tutto stava mutando.

E’ il periodo dell’architettura radicale, che vuole liberarsi dall’egemonia del Razionalismo e del Funzionalismo, accusati di aver contribuito alla disumanizzazione degli spazi della città, alla generazione dei “Non-luoghi” di Marc Auge’.

Al carattere visionario e utopico del secolo scorso, il gruppo londinese  Archigram affianca dei linguaggi derivati dalla cultura dei media, cartoons, immagini pop e trash, collage, riviste e telegrammi per demistificare il progetto. Sull’onda dell’affermazione di Hans Hollein: “Tutto è architettura”, ribattono Archizoom Associati e Superstudio, che si concentrano invece sui diversi usi e significati, piuttosto che limitarsi a nuove forme per intendere la casa e la città.

Sono anche gli anni della collezione Menphis avviata da Ettore Sottsass nel 1981, i mobili coloratissimi che hanno cambiato volto all’arredare di fine secolo e dell’esule Gaetano Pesce, prima a Parigi e poi a New  York, poiché in Italia non riusciva a progettare neppure una fontana, celebrato poi al Centre Pompidou, dove erano in mostra i suoi mobili irregolari e spinosi, i tavoli storti e pericolanti e il divano “Tramonto a New York”, che prima di essere un oggetto d’arredo e’ un’opera d’arte concettuale.

L’esplorazione dei territori ignoti di Italo Rota prosegue nella misteriosa casa progettata nel 1926, per la sorella Margarethe dal filosofo Ludwig  Wittgenstein, che sfugge anch’essa dai modelli estetici di funzionalità di Le Corbusier ed incarna la necessità di una “pluralità di giochi linguistici”, i quali non sono dati in modo definito, una volta per tutte ma nascono e scompaiono a seconda degli usi della comunità. Non amando la legittimazione di verità su basi logiche o empiriche, Italo Rota concorda con il filosofo, nell’affidarsi a basi accertate sulla conoscenza del mondo. Un mondo di relazioni sempre in mutazione, che in transizione crea delle discrepanze, delle fratture, quelle discontinuità che rendono l’individuo maggiormente libero nel fare esperienza di se’, spalancando nuove visioni di senso. E Italo Rota, ogni volta pare suggerirci che non si e’ nell’opera, si e’ nel mondo.

Mi sto meravigliando del cielo, afferma Wittgenstein, comunque esso sia: esperienza etica, che resta informulabile nel linguaggio, ed il modo migliore per descriverla e’ dire che quando io ho questa esperienza mi meraviglio per l’esistenza del mondo.

L’atto di rimagicizzazione e rimescolamento del mondo perpetrato da  Rota, si attua attraverso il colore e la luce, che possono creare spazio, installarsi, senza peso o ingombro. Come per l’architetto messicano Luis Barragan, che usa le pareti colorate, per dare allo spazio, continue profondità’ di campo e vibrazioni luminose, il tutto con un’economia di mezzi incomparabile, anche per Italo Rota, la luce e il colore, sono elementi costruttivi ed espressivi costanti, come il neon di Fontana, al Museo del Novecento, che “non  arreda la piazza ma la psiche”  o il blu di Klein del tempio Hindu in India, con un altare/cupola che attraversa il soffitto, morbida e candida come una meringa o gli interni per Cavalli, dove lo spazio non è mai delimitato e chiuso da pareti ma risulta mobile, multiforme, flessuoso e libero, per i materiali, i riflessi e i disegni utilizzati. Scenografie ed estensioni della mente, come accade nei film di David Lynch.

 Con a fianco una scenografa visionaria come Margherita Palli, Italo Rota, non  poteva fare a meno di giocare e  trasformare  gli oggetti e le cose, in un fitto dialogo e confronto.

Palazzo Arengario museo del 900: Localizzazione: Palazzo dell’Arengario, Piazza del Duomo, Milano Superficie complessiva: 8000 mq (di cui 570 mq di Archivi del Novecento al secondo piano del Palazzo Reale) Superficie espositiva: - 6000 mq su quattro piani (di cui circa 1500 mq al secondo piano del Palazzo Reale) - spazi interamente espositivi per un totale di 400 opere Cliente: Comune di Milano Data: 2002 – 2010, inaugurazione il 5 dicembre 2010

Palazzo Arengario museo del 900, Palazzo dell’Arengario, Piazza del Duomo, Milano. Superficie complessiva: 8000 mq (di cui 570 mq di Archivi del Novecento al secondo piano del Palazzo Reale). Superficie espositiva: 6000 mq su quattro piani (di cui circa 1500 mq al secondo piano del Palazzo Reale); spazi interamente espositivi per un totale di 400 opere. Comune di Milano, 2002 – 2010, inaugurazione il 5 dicembre 2010

Un altro riferimento di Rota è La Maison de Verre di Pierre Chareau (1929-39’) a Parigi, che resta l’archetipo dell’architettura d’avanguardia per la sua validità e audacia, realizzata con l’assemblaggio  di “brevetti”, lo stesso dei finestrini dei  treni, trasformabile e mobile; “Questa non e’ una macchina da abitare funzionale”, descrizione che avrebbe contraddetto e inorridito Le Corbusier, parafrasando un suo testo teorico del 1921 in Verso l’architettura. (pianta libera, componenti mobili come le porte montate su piani, schermi girevoli, pareti scorrevoli, variabili in spessore e trasparenza).

 Nonostante i Non-luoghi di transito e di aggregazione debbano essere nominati e citati da insegne e cartelli stradali per affermare la loro identità, Marc Auge’ afferma che la poesia, può essere ovunque e in nessun luogo. E’ questione di volontà’ e di sguardo. In questo paesaggio artificiale, contro il cinismo spettacolare che fa dell’opera d’arte una merce tra le altre, Italo Rota contrappone un ritrovato senso etico, uno studio delle forme dell’espressione comune di una nuova realtà, una riflessione e un impegno sullo sviluppo del lavoro e del sapere, o piuttosto su come dei saperi, delle tecniche si sono concretizzati in forme materiali.

  • Che significato, quale ruolo e che impostazione ha per Italo Rota l’insegnamento? Alla NABA, pratica e teoria si integrano? Cosa e’ cambiato, rispetto al programma tradizionale della facolta’ di Architettura?

Personalmente non sono mai salito in cattedra, non ci tengo ad insegnare. Preferisco dedicarmi alla formazione  e alla struttura dei corsi, scegliendo i collaboratori con i quali  confrontarsi  sulle dinamiche e sui contenuti, interagendo anche con le Università internazionali.

Tutto cambia,  si evolve e per permettere ai giovani un accesso al mercato e professionale, delle possibilita’ concrete  di lavoro, l’immaginazione e le idee devono essere rese visibili e tradotte anche attraverso la tecnologia e il digitale, intesi come strumenti di estensioni della mente, per coniugare intelligenza emotiva e collettiva, in uno scambio costante con una realta’ globale e multietnica.

 

Nel 1973, Giancarlo De Carlo scriveva: “La verità è che nell’ordine c’e’ la noia frustrante dell’imposizione, mentre nel disordine c’e’ la fantasia esaltante della partecipazione”. Questo architetto è  stato uno dei primi a sperimentare e applicare in architettura la partecipazione da parte degli utenti nelle fasi di progettazione. E’ conosciuto internazionalmente, per essere stato uno tra i fondatori del movimento Team X, che opero’ per la prima volta la vera rottura con il Movimento Moderno e la tesi funzionale di Le Corbusier, con una autentica capacità d’instaurare sempre delle relazioni forti tra teoria e pratica non commerciale. Cosa è stato raccolto ed elaborato da una simile eredità o e’ rimasta solo un’isolata visione utopica?

La sua, e’ stata un’avventura intellettuale e un’esperienza interessante ma non verificabile o realmente ipotizzabile nella pratica, non concretamente partecipativa.

I  cittadini, oggi, grazie anche ai dati sempre aggiornati e verificabili dei servizi digitali a loro disposizione, come car sharing e bikeme, possono essere interlocutori attivi e verificabili coautori di un pezzo di citta’, di un luogo dove vivere.

 Non impegnandosi nell’avventura obbligatoria della costruzione, le energie e gli sforzi possono efficacemente essere indirizzati per un confronto e una risposta reali ai bisogni, alle esigenze e ai desideri di una comunita’,  non piu’ astratta, aleatoria ma dialogante e interlocutoria. In questo modo, anche le modalita’ e le finalita’ di progettazione cambiano e trasformano l’architettura.

  • Il Museo del Novecento, pur nella sua complessita’, riesce ad innescare e instaurare un rapporto individuale, intimo tra le opere e il visitatore, quando troppo spesso i luoghi espositivi risultano dei mausolei scollegati dalla comunita’ e dal senso profondo della bellezza intrinseca di certe opere d’arte. Stilisti e archistar erigono dei mastodontici contenitori autocelebrativi. Come sfuggire a questa tendenza globale?

Il Museo del Novecento, ha risposto ad una autentica  esigenza di raccogliere ed esporre arte italiana del ventesimo secolo. E’ necessario distinguere tra pubblico e privato, quest’ultimo, sfugge al controllo, per quanto riguarda invece l’ambito pubblico, ci sono casi che funzionano e si rinnovano, registrando un crescente numero di visitatori, come la Bicocca o la Triennale. Qualita’ e accessibilita’ dei contenuti e delle strutture, sono requisiti fondamentali. I Bronzi di Riace, per esempio, rimangono invisibili e irragiunbili in un museo  remoto e inospitale, se fossero invece trasportati a Roma, godrebbero dell’ammirazione e dell’attenzione di un numero infinito di appassionati e studiosi.

Hindu temple of Lord Hanuman Dolvi, Mumbai, India; (realized 2004-2009) Foto Studio Italo Rota

Hindu temple of Lord Hanuman Dolvi, Mumbai, India; (realized 2004-2009). Foto Studio Italo Rota

  • Nell’epoca delle migrazioni e della minaccia del terrorismo, in pieno conflitto religioso, come si riesce ad erigere con spirito laico ma partecipe, un tempio induista, una moschea a Milano e una Chiesa a Tor Vergata? Quest’ultima ha suscitato poi pareri controversi.

Non ci sono differenze o posti privilegiati. Tutti, al di la’ delle singole religioni e delle tensioni in atto, rappresentano un pronto soccorso dello spirito, luoghi di spiritualità, dove poter offrire, un tempo di aggregazione oltre che di meditazione, uno spazio accogliente e alternativo, alla durezza e spietata brutalita’ intorno. In particolare, nella chiesa, le colonne che non toccavano terra, non sono state capite dal prete di allora, considerate poco consone e adatte a una chiesa ma la comunita’,  le persone, i fedeli che frequentano questo luogo da sempre, hanno apprezzato e compreso  i cambiamenti all’interno, che hanno integrato liberamente con seggiole colorate di plastica portate da casa, senza nessun turbamento o velleita’ dissacranti.

  • Il Design del Novecento aveva democratizzato in modo sublime il processo creativo, oggi si producono oggetti di lusso, per magnati, dittatori e arabi e poi c’e’ IKEA. E’ solo per avidita’ e mancanza dI coraggio che non esistono piu’ imprenditori illuminati come Cesare Cassina? Gaetano Pesce lo descrive come: “L’intellettuale che non era mai andato a scuola, con un grande cuore, una grandissima curiosita’, uomo di progresso autentico che mi apri’, in modo non conformista, la mente alla cultura della fabbrica mettendomi al corrente delle sue grandI qualita’: il luogo del fare nuovo”.

Cassina non corrisponde piu’ alle esigenze attuali. Gaetano Pesce ha poi creato: “Fish Producion” con una distrubuzione e produzione internazionale e italiana. Il design storicizzato ha perso il suo significato di rottura ed innovazione di  allora e rimane una prerogativa di una casta privilegiata e ristretta, che risulta irrilevante come indice del mutamento sociale e antropologico contemporaneo.

Il design degli anni 60’ e 70’, si trova pero’ facilmente e a costi meno elevati su eBay.

Oggi tutti mescolano, il pezzo africano, l’antiquariato e qualcosa di IKEA, non esistono piu’, per fortuna, stili omologanti e criteri imperanti.

  • In Delirious New York, l’architetto Rem Koolhaas del 1978, sostiene la potenza interna, spontanea ed estrema di una metropoli. “New York riesce ad esprimere la tecnologia del fantastico e al contempo il desiderio di diversita’ sociale, ideali che hanno poco a che vedere con le regole della composizione architettonica ma che possono produrre manufatti edilizi certamente non meno interessanti, di quelli che escono dalle Accademie, vecchie e nuove o dalle nostre scuole di architettura. Al di la’ di posizioni estreme e di tendenza, come si confrontano l’architetto, l’ingegnere con delle citta’ sempre meno governabili, prevedibili e ricomposte? Partendo dal corpo?

Partendo da una storia. Vivendo delle storie. Nessuna conoscenza o competenza ha valore, se non e’ tradotta nella narrazione.

L’architetto, non e’ un pittore che puo’ isolarsi e lavorare da solo, ma oggi, un giovane design a Milano come a New York, non e’ predestinato e obbligato a fare e produrre solo design, puo’ essere trasversale e acquisire esperienze diverse, lavorando in differenti ambiti, sempre in ascolto delle storie del mondo e conservando il  desiderio di raccontarle.

  • Un fotografo, Edmund Engelman, viene invitato a fotografare l’abitazione  di Sigmund Freud nel 1938, esperienza che ci lascia in eredita’ un libro prezioso per Rota, come Bergasse 19: Sigmund Freud’s Home and Offices, che rimane un documento sugli spazi della mente, dei sogni e dei ricordi, prima ancora che delle stanze e dei luoghi e forse e’ questo tipo di dimensione che dovremmo recuperare per comprendere le esigenze umane prima che le dimensioni urbane? . tellettualel fare nuovo”on un ltura della fabbrica mettendomiore, imitate

Piu’ che per il valore intrinseco delle fotografie, e’ importante la testimonianza di un luogo intatto, inviolato prima dell’arrivo imminente dei Nazisti, che avrebbero fatto sventolare i loro stendardi con le croci uncinate. Nell’abitazione di Freud, sono stati da lui stesso conservati, piu’ di cinquemila oggetti e nella Biblioteca ci sono anche moltissimi rari libri di archeologia, l’effetto e’  di una installazione in espansione, come i tappeti che salgono dai pavimento ai soffitto e la sua poltrona a forma di  madre cicladica o il lettino per suoi pazienti disegnati da Freud.

  • Si e’ inaugurata la Biennale d’architettura a Venezia, il curatore cileno Alejandro Aravena, ha incluso, l’Italia, nonostante il titolo del nostro padiglione: “Taking Care”, tra I paesi che si concentrano solo sul profitto e l’uso capitalistico del territorio, rispetto al Cile, il paese piu’ libero del Sud America. E allora I temi di quest’anno, sono la casa-museo, marginalita’ e bene pubblico, recupero del Teatro sociale, skatepark pubblico e perfino Farm cultural park. Reale e teoria ancora scollegati?

Assolutamente il contrario, per  la prima volta, sembrerebbe una Biennale diversa,  che non e’ il risultato di una osannante celebrazione dei progetti e dei monumenti degli architetti invitati ma che spalanca una porta alle esigenze della comunita’, partendo dalla cultura, per sconfinare nell’ecologia,  non tralasciando le esigenze sociali dei giovani e neppure l’alimentazione. Non sara’ interessante per la stampa, poiche’,  sono idee che raccontano di spazi per le persone, storie invisibili del futuro e nessun edificio da fotografare, da immortalare per l’eternita’.

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