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Monterossi

24 Febbraio 2022
469 Views
di Ludovico Riviera

Carlo Monterossi è il nuovo, disilluso volto del noir italiano.
Monterossi è una serie distribuita da Prime Video, che ha debuttato il 17 Gennaio: sei puntate, tratte da un paio di libri dell’autore Alessandro Robecchi.
Non avendo letto i libri, parlerò – felicemente – solo della serie: sono infatti lieto di non essere nella condizione di fare quegli spesso antipatici paragoni della serie “meglio il libro”, colpa della quale ci siamo macchiati tutti.
Torniamo subito alla serie.

Credits: Prime Video

Il titolo è il cognome del protagonista, Carlo Monterossi: personaggio carismatico, magistralmente interpretato da Fabrizio Bentivoglio (1957), caratterizzato da un irresistibile afflato meneghino che permea tutta la serie, ambientata proprio nel capoluogo lombardo.
Milano è d’altronde una città che, pur vantando una considerevole storia sia nella narrativa che nel cinema italiano, non possiede la stessa icasticità che denota, invece, la nostra capitale Roma, o le ambientazioni del sud Italia le quali, a giudicare dalla quantità di sceneggiati che vi vengono girati, dovrebbero essere perennemente occupate da troupe di cinematografiche. Fa dunque piacere vedere come le molteplici sfaccettature della città più europea d’Italia siano bene sfruttate nella ricca regia di Roan Johnson (1975, dietro la cinepresa dell’intera serie), che pur concentrandosi perlopiù nei quartieri di nuova costruzione (la zona di Porta Garibaldi, dove il protagonista abita), mostra un posto dinamico, multiculturale e alla moda quale è, salvo poi rivelarne numerosi, e credibili, lati oscuri.

Carlo Monterossi è un autore televisivo di successo, e molto intelligente: abbastanza scaltro da guadagnarsi ottimamente da vivere, tanto saggio da disprezzare senza appello le sue creature da share.

Serie tv Prime Video, Monterossi

Credits: Prime Video

Questa idiosincrasia, oltre che credibile, è un perfetto motore umoristico del personaggio che, nelle sue pigre ma fulminee e disincantate battute, svela le contraddizioni del mondo che lo circonda, oltre che della sua stessa, insoddisfacente fortuna.
Circondato da collaboratori e amici ben più giovani di lui, scapolo d’oro che sogna incessantemente un’amore passato, è il protagonista perfetto di un noir dalle forti venature comiche (mai invasive e sempre intelligenti): anche e soprattutto perché, almeno sulla carta, Monterossi entra in un turbinio di vicende senza volerlo, divenendo il classico eroe per caso.
Una sera, aprendo la porta di casa, si trova una pistola puntata addosso. Salvandosi dall’assalto, decide (di malavoglia) di indagare sulla questione egli stesso. Intreccia così, con alcuni membri del corpo di polizia che seguono il suo caso, una relazione di mutua (nonché irregolare) collaborazione e competizione,  la quale porta alla risoluzione un mosaico di casi, sino alla svolta delle proprie indagini personali.

Monterossi è Fabrizio Bentivoglio

Credits: Prime Video

Bentivoglio ha l’espressione sorniona, e quella perfetta, peculiare forma di pacato scoglionamento che caratterizza il milanese ‘filosofo’ oramai temprato dalla vita, tale da rendere Monterossi un personaggio abbastanza originale nel panorama delle serie gialle italiane: riporta finalmente il disincanto al nord.
Se i personaggi che lo circondano sono moderni, ben tratteggiati nell’arco di poche battute (benché sì, certamente sempre stereotipici), e i chiaroscuri delle luci metropolitane enfatizzano la varietà di caratteri presentati, la scrittura e il ritmo della serie non sono sempre serrati come dovrebbero. I casi sono anche piuttosto complessi se paragonati alla media delle serie poliziesche nostrane: pieni di rimandi a personaggi solo citati, magari morti anni prima, e indagini del passato, queste storie vengono troppo spesso ‘riassunte’ dagli investigatori – veri o improvvisati che siano – che, seduti ad un tavolo (di ristoranti, bar, appartamentoni e sempre lucullaniamente imbanditi: anche se raramente qualcuno mangia) fanno sedute di brainstorming le quali fungerebbero da riassunto per lo spettatore. L’espediente, se sulla carta è una normalissima occasione narrativa, utile per collegare due fasi dell’azione in svolgimento, in Monterossi viene lievemente abusato: i racconti risultano quindi diluiti, a tratti difficili da seguire, troppo raccontati.
A causa di questo difetto, Monterossi non è una serie che ti tiene incollato allo schermo in senso stretto, ma di certo è una scoperta interessante che rinfresca, grazie a dei dialoghi comunque brillanti, un genere che, nella sua indubbia popolarità, da troppo tempo si basa su dei cliché oramai stantii.

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