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Alessandro Michele: il Mary Poppins di GUCCI

10 Ottobre 2018
3.323 Views
di Eleonora Attolico

Il turbo del gruppo francese Kering è Gucci. Una performance spettacolare: nei primi sei mesi del 2018 il brand registra un incremento del 44%  pari a 3,853 miliardi di euro. Un colosso di 13mila dipendenti. Se poi si va sulla microeconomia, basta buttare un occhio fuori da un negozio a Parigi come a Milano per notare un capannello in fila. Di solito chi aspetta è una clientela molto giovane, i famosi Millennials su cui Gucci ha scommesso da tempo.
Dietro a questo exploit il talento di Alessandro Michele, romano, classe 1972.  Nominato direttore creativo nel 2015 ma in casa Gucci era una vecchia conoscenza: l’ingresso in azienda risale al 2002. Fu scelto, all’epoca, da Tom Ford  indimenticabile stilista della Maison. Lo spedì a farsi le ossa per un anno nell’ufficio design di Londra. Un training prezioso che lo h

Alessandro Michele per Gucci

Collezione Resort 2019 La sposa

a segnato. Man mano è cresciuto professionalmente soprattutto come responsabile degli accessori in pelle. Al punto che, secondo il nostro giudizio, la cosa che gli riesce meglio sono proprio scarpe e borse. Ma continuiamo a tracciarne  il percorso. Dopo l’era Ford, ha lavorato con Alessandra Facchinetti,  poi nel maggio 2011 fu promosso designer associato della successiva designer, Frida Giannini.
Alessandro Michele è un patito di collezionismo ed  è affascinato dal Rinascimento e dai motivi a grottesche. Appassionato, da sempre, anche di decorazione d’interno. Non tardano ad accorgersene in Kering e, nel settembre del 2014,  gli affidano il rilancio di Richard Ginori, il glorioso marchio fiorentino di porcellana. Un’operazione riuscita che riposiziona il marchio verso l’alto. Le tazzine diventano glamour, un vaso di fiori si trasforma in una icona pop. Ed è proprio il suo estro che trasforma le cose in oggetti del desiderio, un po’ come Mary Poppins.
Leggenda vuole che, da ragazzo, abbia fatto anche il manovale e il giornalaio ma non è un figlio del popolo. E’ cresciuto a Montesacro, un bel quartiere in fondo a via Nomentana. Il padre era un tecnico dell’Alitalia, la madre lavorava nel cinema prima di decidere, come succedeva spesso, di dedicarsi alla famiglia. Alessandro si è formato all’Accademia di Moda e Costume, un passaggio da Les Copains “Ero bravo con la maglia e finii a Bologna” ha raccontato. Dopo il ritorno nella Capitale, ha passato un periodo da Fendi alla fine degli anni Novanta dove, guarda caso, anche qui si occupava di accessori. Di sicuro oggi si mangeranno le mani per esserselo fatto scappare ma nulla è perduto. Hedi Slimane ha fatto andata-ritorno due volte tra LVMH (Dior Homme e oggi Celine)  e Kering  (Saint Laurent).
Torniamo ad Alessandro Michele e all’oggi. In febbraio, la collezione autunno-inverno 2018-19 è stata uno choc, un disagio emozionale già solo a guardare le foto. Era ambientata in una sala operatoria con le modelle con la testa in mano. Ma, per quanto l

Alessandro Michele per Gucci

PAP Autunno – Inverno 2018 la Matrioska

a sensazione sia stata terribile, non ha  fatto scappare i consumatori. Noi stessi pubblicammo le foto sei mesi fa. Più in generale le sue muse possono essere misteriose papesse, anche bruttine. Avvolte in cappucci, mantelli, pizzi e merletti.  Meno stressante la prova di  Arles dove Gucci ha presentato la Resort il 30 maggio. Infine, il mese scorso, la primavera-estate a Parigi. E Milano non ha accolto bene questa decisione perché Gucci costituisce, proprio per la straordinaria riuscita commerciale, uno dei cavalli di battaglia della settimana meneghina. Ma, rassicurano dall’azienda, è stata una scelta estemporanea, senza gravi conseguenze. Il CEO di Gucci, Marco Bizzarri,  ha spiegato i motivi di questa deviazione nella Ville Lumière: “ Si trattava di una serie di tre omaggi alla Francia:una campagna pubblicitaria dedicata al Maggio del ’68 , la Resort  in Provenza a Arles e quest’ultima sfilata, a Parigi, al Palace, uno storico teatro-discoteca degli anni Ottanta”. Non è mancato lo spettacolo in un trionfo di piume, paillettes ma anche  tailleur classici, ricami pop, motivi animalier, una borsa di topolino. Gli abiti erano scivolati un po’ anni Venti vintage conditi da una cascata di gioielli in bachelite. Infine, last but not least ha cantato Jane Birkin sulle note di Brahms.
Cosa ha determinato il successo di Alessandro Michele tanto da essere nella classifica dei cento personaggi più influenti al mondo? Sicuramente la creatività e l’estro anche nelle cose più semplici. Articoli che troviamo in negozio. Facciamo qualche esempio. La classica sciarpa con le doppie GG a fondo beige si tinge di foglie e fiori colorati, i mocassini di camoscio a punta quadrata buttano sul rosa lampone, le borse ben strutturate spaziano dal ciliegia al verde bandiera. In una intervista rilasciata a Daniela Fedi sul Giornale, Marco Bizzarri analizza il talento del suo designer: “ Ha ideato un mondo dove le persone si identificano nei valori e nei colori. La sua lucida follia mi ha conquistato fin dal principio.” Se la moda impatta sul costume e viceversa  Michele ha cambiato una certa prospettiva sdoganando, ad esempio, il transgender. Fin troppo. In quasi tutte le sfilate ( in pedana uomini e donne cammino insieme) si fa fatica a capire quali i maschi e quali le femmine, “Voglio solo raccontare un mondo che esiste” si è difeso.
Se poi guardiamo le modelle che sceglie è la rivincita della racchia come scrisse sul Corriere della Sera Gianluigi Paracchini dopo la sua prima sfilata nel 2015. In effetti  sono spesso tipe sgraziate, occhialute, mal dans leur peau come dicono i francesi ma con uno stile stravagante che te le rende simpatiche. Il suo talento si basa su una curiosa miscela di modernariato, antiquariato, arte, moda e bric à brac. Più in generale tutto l’universo vintage rinasce e si modernizza. E’come se ci si trovasse sempre in un mercatino, svuotato dalle pulci e condito di glamour.
Si diverte in tutto ciò che intraprende.  Nel gennaio di quest’anno, ha inaugurato a Firenze, in piazza della Signoria, il Gucci Garden, un nuovo spazio che rinvigorisce quello che fino a qualche tempo fa era “solo” il Museo Gucci. Alcuni pezzi risalgono al 1921, anno della fondazione della griffe.  Da qualche mese, chi capita sulle Rive dell’Arno, troverà non solo vecchi  bauli e stivali pescati dall’archivio ma anche una collezione capsula di abiti fatti solo per lo spazio fiorentino e divertenti oggetti contemporanei.  Al piano terra, inoltre, un’osteria dello chef Massimo Bottura, compagno di scuola del CEO Bizzarri.

Gucci

Gucci Ristorante a Firenze in Piazza della Signoria

In una recente  inchiesta condotta da Repubblica sui quartieri generali delle grandi firme italiane, scopriamo come la casa fiorentina stia investendo i suoi lauti profitti. Non butta i soldi dalla finestra.  Alla periferia di Firenze, dalle parti di Scandicci, è nato un ArtLab, ovvero una factory creativa con grandi Murales dove sono stati riuniti i processi produttivi. Qui si concentra l’artigianalità e la sperimentazione: nascono i prototipi di scarpe e borse, in un ambiente dinamico tra tavoloni verdi, rossi o gialli.  A Milano, invece, una ex fabbrica di aeronautica è diventata un campus di 35mila metri quadri con gli uffici, uno spazio sfilate, uno showroom e due ristoranti. Ospita 350 persone. Le due realtà hanno un obiettivo che forse può spiegare in parte la crescita esponenziale del marchio Gucci. Migliorare la qualità della vita dei dipendenti. Non è un dettaglio.

 

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