di Noemi Stucchi
Ricordo che andavo alle elementari quando su MTV c’era Give me baby one more time. Il video musicale sarebbe rimasto nella memoria di tutti: lei è una ragazza bionda tutta treccine e codini, vestita da scolaretta che canta e balla hip pop con i ragazzacci più carini della classe. Britney Spears aveva 17 anni e incarnava il sogno dell’High School americano: agli occhi delle mie coetanee (e ai miei) è lei la principessa degli anni Novanta. Perlomeno, so che molte bambine penseranno a lei giocando a fare coreografie e balletti.
Mi ha fatto impressione leggere che sono passati vent’anni dall’uscita di un’altra canzone iconica come Toxic.
Nonostante la potenza di questa immagine, è solo una delle tante possibili facce di Britney Spears.
Ragazzina innocente o femme fatale, animale da palcoscenico e icona pop vincitrice di numerosi Grammy e Music Awards, negli anni l’abbiamo conosciuta come professionista senza esclusione di colpi di scena sulla sua vita privata. Negli ultimi anni la notizia sconvolgente è stata quella della rivincita sulla sua famiglia; sottoposta a diversi TSO per disturbi psichiatrici, Britney è stata dichiarata incapace di amministrare i propri beni e sottoposta alla tutela del padre. Un papà che sin dall’infanzia non è mai stato un esempio da seguire e che avrebbe tratto profitto da questa situazione, dati alla mano.
In questo libro conosceremo una Britney che è anche mamma, amante e sposa, e che avrebbe sopportato 13 anni di un’ingiusta conservatorship (tutela legale) del padre e della sua famiglia per poter rivedere i suoi figli.
Così Britney si racconta, in questo libro edito da Longanesi che ha un sottotitolo importante: “le donne in me”.
Cosa vuol dire essere donna a Hollywood negli anni Novanta quando una relazione perfetta per i tabloid come quella tra lei e Justin Timberlake finisce? Britney parla dei tradimenti subiti, invertendo la narrazione. Mentre veniva etichettata come sexy bad girl e cattivo esempio per le ragazze da seguire, in quegli anni Timberlake rimarcherà la sua immagine di amante ferito con un singolo di successo come Cry Me a River.
L’immagine di Britney è stata veicolata negli anni dai mass media. Queste pagine raccontano la difficoltà che ha avuto nel dimostrarsi diversa rispetto all’etichetta che le è sempre stata attribuita da un punto di vista univoco.
Da un’infanzia precoce e dall’essere lavoratrice già a nove anni, si passa agli anni dell’adolescenza fino al racconto che è stato argomento di discussione negli ultimi anni, al movimento #FreeBritney all’uso smodato dei video su Instagram: un libro autobiografico che parte da quell’immagine di eterna ragazzina per voler mostrare un altro lato di sè.
Senza rabbia o vittimismo, la voce narrante parla di una serenità ritrovata. Britney si racconta senza filtri rendendo il lettore partecipe di una ricerca della felicità personale, una percorso radicato nei valori e nella fede.
All’epoca purtroppo non conoscevo ancora la frase di Dolly Parton: «Non mi sento per nulla offesa dalle battute sulle bionde stupide, perché so di non essere affatto stupida. E perché so di non essere nemmeno bionda.» I miei capelli al naturale sono neri. (p.66)