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Roccardo Scamarcio l'ombra di Caravaggio

L’Ombra di Caravaggio

di Ludovico Riviera

L’Ombra di Caravaggio

Caravaggio è l’artista che, dopo i maestri del rinascimento, gode di più fama in Italia e nel mondo. Una fama doppiamente postuma, dato che le convulsioni della storia e della cultura lo fecero dimenticare appena dopo la sua morte, avvenuta il primo decennio del settimo secolo. La storia, e specialmente la storia dell’arte, è mondo di contraddizioni, contraddizioni troppo complesse per poter essere ridotte al punto di vista, spesso semplicistico, che il presente vi proietta sopra. Certamente Michele Placido (1945), regista di questo L’Ombra di Caravaggio, non aveva intenzione di semplificare le vicende del celebre artista, quanto probabilmente di costruire un ritratto spensierato e genuino dell’impeto che ne guidavano il pennello e la spada. Peccato che i vizi di forma provinciali che impestano le produzioni italiane, specialmente quelle aduse a glorificare gli orgogli della nostra storia, non risparmino il venerato attore e regista italiano.

Riccardo Scamarcio

Credits: @01 Distribution

Un piacevole ma purtroppo banale film sul più grande nume dell’arte italiana

La produzione dell’opera è buona, la storiografia immagino rispettosa, e riesce secondo me con successo a restituire un’idea di com’era effettivamente selvaggia e libertina la Roma papale di fine ‘500. Festini, scenografie, orge e sporcizia. L’Italia che fu ha ben poco da spartire con le idealizzazioni turistiche che oggi vengono vendute per la fortuna del nostro turismo.
Ma la semplicità dei dialoghi (pur eloquenti com’era la prosa del periodo), l’agiografia con cui dell’arte del Merisi si parla nel corso del film, proseguendo i luoghi comuni derivati dalla volgarizzazione delle teorie longhiane (Roberto Longhi fu il più celebre storico dell’arte italiano, che riscoprì Caravaggio portandolo alla ribalta) non rendono giustizia all’altezza delle dispute che delineavano le multiformi correnti di pensiero all’interno della Chiesa:  certo che la Chiesa era detentrice di potere, ma era anche organismo complesso.
Giordano Bruno fu condannato al rogo, ma Caravaggio fu incoraggiato, per quanto ‘eretico’ della pittura. Forse, così eretico non lo era, in fondo. Non sono uno storico dell’arte, ma mi pare di ricordare dai miei studi che, in effetti, all’infamia dell’artista e alla sua nomea di pittore di volgarità contribuirono non poco i colleghi gelosi del suo successo – e del suo talento. Tele di Caravaggio sono in molte chiese romane: com’è possibile che un pittore così osteggiato ricevette tanta esposizione e prestigio?
È qui che, purtroppo, cadono moltissimi film sugli artisti: si limitano a rappresentarne gli aspetti più didascalici, superficiali della loro vita e opere. Anche nei momenti più interessanti – le dispute e i rapporti amichevoli con altri artisti – il lavoro di Placido non si discosta dal compitino che vede il Merisi come incompreso cronico, solo contro tutti nonostante i pochi sostenitori.

Riccardo ScamarcioRiccardo Scamarcio

La drammaturgia è però interessante in questo film, che segue le indagini di un inquisitore ecclesiastico che indaga la vita dell’artista, fuggito a Napoli dopo un omicidio.
Vediamo dunque il Caravaggio in una serie di flashback, in cui il convincentissimo Riccardo Scamarcio (veramente somigliante all’artista, tanto da rendere credibile il raffronto coi numerosi suoi autoritratti) fa il bello e il cattivo tempo tra modelli, pennelli e lame: tutto un dire ‘è la vita, la verità’ riferito alle sue tele, ma di reale profondità intellettuale, probabilmente propria del pittore, niente più che accenni. Forse, fino adesso è la produzione che più di altre riesce a porre in continuità l’opera dell’artista con le fonti della sua visione: ma ‘l’ossessione’ per il vero di Caravaggio è qualcosa di suffragato anche da una precisa direttiva culturale propria della Controriforma allora in accadimento.
Di simili discorsi, solo l’ombra, appunto.

D’altronde non possiamo non aspettarci che un film prenda in esame altro dagli aspetti più commercializzabili del soggetto analizzato. Certamente una buona opera didascalica, utile per ricostruire alcuni aspetti della vita a quel tempo, ornati dalla maestria di un operatore del cinema come Placido che riesce – nei momenti più felici – a riproporre perfettamente la tipologia di immagine caravaggesca nella fotografia (Michele d’Attanasio) di questo film. Una visione piacevole che, però, non si discosta dalla vulgata popolare oramai ridondante che ammanta questo oscuro artista.

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