News
Marcello Mio (Giugno 9, 2024 9:01 pm)
Andrea Zucchi – Remix Hermeticum (Aprile 10, 2024 12:55 am)
Nonna Carla (Marzo 20, 2024 9:14 am)
Dune – parte due (Marzo 15, 2024 1:39 pm)
Romeo è Giulietta (Marzo 15, 2024 1:38 pm)
Il Padrino (Marzo 6, 2024 9:31 am)
Night Swim (Marzo 6, 2024 8:48 am)

Rocco Schiavone: un insolito spin-off sull’Agente D’Intino. L’intervista a Christian Ginepro.

1 Aprile 2021
18.767 Views
di Noemi Stucchi

Con la quarta stagione di Rocco Schiavone andata in onda in questi giorni su Rai2 torna in scena anche lui: il mitico Agente D’Intino.
Interpretato da Christian Ginepro, abbiamo avuto modo di conoscere meglio l’attore dietro al personaggio. Forse proprio al contrario, abbiamo conosciuto meglio il personaggio grazie a chi lo interpreta.
Attore e regista, Christian Ginepro si muove sul piccolo schermo e sul palco teatrale, tra film, serie tv e musical. Ha lavorato con grandi nomi come Gigi Proietti, Pietro Garinei, Massimo Ghini, Michelle Hunziker, giusto per citarne alcuni.
Ringraziando l’ufficio stampa Ni.Co Srls – Nicoletta Strazzeri, è così che in un sabato pomeriggio in pieno lockdown lo abbiamo chiamato per scambiare due chiacchiere al telefono.

«Agente D’Intino, originario dell’Abruzzo, è uno dei peggiori incubi di Rocco Schiavone. È infatti del tutto privo di senso pratico e di talento per il proprio lavoro, a cui unisce un’irritante sicumera e la totale incapacità di tacere al momento giusto. Pur di tenere lontani dalla questura lui e Deruta, Rocco gli affida compiti estenuanti e di scarsa rilevanza, che i due accettano sempre con riluttanza e fastidio.»
Come ha interpretato questo ruolo?

Quando si affronta un personaggio non bisogna mai giudicarlo. Così come mi era stato proposto, ho risposto che non avrei portato in scena un personaggio “stupido” perché non avrei mai potuto pensare così di me stesso. D’Intino è il classico amico, collega o parente, che quando lo chiami non c’è, quando deve parlare sta zitto e quando deve stare zitto parla. Disegnato su un altro pentagramma, D’Intino incarna quel tipo di persona genuina e per questo credo sia entrato anche un po’ nei cuori degli spettatori.

 

Lo Spin-off è quando si prende un personaggio di una serie e se ne fa una storia a parte. Spesso ha dichiarato che le vicende dell’Agente D’Intino sono lo spin-off di Rocco Schiavone dentro Rocco Schiavone. Cosa vuol dire?

Immaginiamo uno spin-off su D’Intino, sarebbe meraviglioso se diventasse Vicequestore dell’Abruzzo, sai le risate che ci faremmo? Così come ognuno di noi si sente protagonista della propria vita anche D’Intino lo è della sua.
C’è un modo di dire che dice “non esistono piccoli ruoli, esistono solo piccoli attori”. Nella mia carriera  ho sperimentato anche un’altra cosa, che non esistono piccoli ruoli ma esistono solo grandi ruoli dei quali viene mostrata una piccola parte sullo schermo. Dal protagonista in teatro a ruoli televisivi come D’Intino, cerco di strutturare dei personaggi a tutto tondo che abbiano una vita passata in maniera tale che il pubblico possa intuire che c’è dell’altro oltre alle scene che vede in  puntata.

 

Lei assomiglia all’Agente D’Intino? 

Molto spesso mi capita di fare personaggi diversi da me. Sono l’esatto contrario di D’Intino: puntuale, iper-organizzato, responsabile, che fa cinquanta cose allo stesso momento.
Attraverso il metodo Stanislavskij-Strasberg, ho cercato di esplorare quella parte di me che non mi sono più potuto concedere. Ad un certo punto ho dovuto crescere molto in fretta; corro sempre in quinta marcia mentre D’Intino cammina godendosi il panorama. Grazie a D’Intino e al suo candore posso permettermi di rivivere quel movimento lento nelle cose che magari molte volte non sono più abituato a fare.

Christian Ginepro (Agente D’Intino) e Massimiliano Caprara (Deruta). Credits: NI.CO s.r.l.s.

Da spettatori facciamo il tifo per la coppia D’Intino e Deruta. Un po’ come Stanlio e Ollio, si impegnano zelanti nelle loro piccole mansioni finendo immancabilmente nei guai. Quando sono bravi, vengono ricompensati con evidenziatori colorati, uno degli aneddoti più divertenti che il pubblico ricorda.
Si ha l’impressione che vi siate divertiti davvero durante le riprese. Ci tolga una curiosità, è andata proprio così?

Di divertimento ce n’è stato tantissimo e saluto il mio amico Max Caprara (Deruta). Devo dire che ci siamo molto divertiti a girare le scene, soprattutto quelle di notte, con il falò, con la macchina incastrata nella neve… A dimostrazione della bravura di Manzini, la scena degli evidenziatori è rimasta nell’immaginario collettivo.
Non ti nascondo che il grosso divertimento è avvenuto con Marco Giallini. Molte volte durante le riprese il regista Simone Spada ha voluto immortalare non tanto le risate di Rocco Schiavone ma quelle di Marco Giallini. Se è vero che si ride dietro le quinte è anche vero che si ride molto davanti alla macchina da presa. Il pubblico lo può vedere e pensa che gli attori abbiano riso veramente. È vero, non stavamo recitando.

 

La coppia Rocco Schiavone e l’Agente D’Intino sono, a loro modo, due antieroi che hanno conquistato il pubblico. Un’altra scena divertente è quando D’Intino bussa alla porta del Vicequestore, ma dopo il “toc-toc” non risponde mai al “chi è”. Non è un caso che sia il bersaglio degli oggetti che vengono scaraventati da Rocco Schiavone…

Mettendo insieme gli opposti si crea la chimica della commedia. Spesso nella comicità uno più uno fa zero, invece può funzionare mettendo a confronto due persone totalmente diverse. Se la coppia D’Intino e Deruta può incorrere nel rischio di annullarsi, la combinazione con Rocco Schiavone funziona per contrasto. Rocco Schiavone sembra uno a cui non importa di niente e di nessuno, in realtà per lui ogni evento è un macigno.  Per D’Intino tutto è  leggero come una piuma, si fa scivolare addosso le cose quasi con filosofia zen. Tranne che nell’ultima puntata …

 

D’Intino viene definito dal Vicequestore come “il mezzo che Dio usa per punirlo”. Ha detto che se Rocco Schiavone dovesse diventare un serial killer, il primo ammazzato sarebbe D’Intino.
Come interpreta questo strano rapporto di amore e odio con Marco Giallini?

Se Rocco Schiavone diventasse un serial killer, D’Intino sarebbe sempre l’assistente che riesce a rovinargli tutti gli omicidi. Credo che l’amore ci sia tra me e Marco Giallini, un po’ meno tra Rocco Schiavone  e D’Intino.
D’Intino ritrova nell’ambiente lavorativo la replica di una famiglia mentre Rocco è legato al fantasma della moglie che torna a trovarlo, non ha bisogno di lui. Nell’ultimo episodio emerge tutta la solitudine di D’Intino e il dolore di quel momento arriva dritto allo spettatore.
In realtà è bello che questo equilibrio non ci sia, è un meccanismo che funziona molto bene. Se fosse amore reciproco non ci sarebbe neanche divertimento. D’Intino stravede e idolatra il vicequestore, Rocco  lo vede come una spina nel piede.

Marco Giallini (Rocco Schiavone) e Christian Ginepro (Agente D’Intino). Credits: NI.CO s.r.l.s.

Preferisce le scene d’azione o le scene in Questura?

Non vi nascondo che la Val D’Aosta è così bella che girare in esterno è meraviglioso. Ho vissuto come un regalo da parte del nostro regista Simone Spada l’idea della scena dei fuochi d’artificio. Dall’altra parte le scene di commedia girate in Questura con Marco Giallini mi divertono tanto. In realtà se stai recitando con dei colleghi che hanno il senso del sacro di questo mestiere non importa dove è recitato.

 

Nella serie le donne sono personaggi ambivalenti, spesso marginali o al contrario determinanti. Discostandoci dal personaggio, qual è il ruolo delle donne in Rocco Schiavone?

È una domanda che andrebbe rivolta a Manzini. Rispondere in due parole sarebbe limitante, ma ha a che fare con un tema centrale della serie: la solitudine. In realtà c’è chi di donne ne aveva troppe, addirittura tre, e chi trova l’amore a settant’anni. Rocco Schiavone ha a che fare con il fantasma della moglie che ritorna,  un personaggio così importante è come un’ombra lunga che può essere ingombrante per eventuali ruoli femminili.

 

Parliamo della sua esperienza nella quarta serie. Nell’episodio “Ah, l’amore, l’amore” vediamo un finale particolare per l’Agente D’Intino…

Secondo me in Italia ci vuole un grande coraggio per scrivere, dirigere e recitare una scena che ha scatenato una reazione così forte come quella che abbiamo visto. Me la sarei potuta cavare con una lavata di testa, invece la cosa bella di questa serie (e qui si vede la grande bravura di Manzini) è che a volte affronta le cose come sarebbero successe veramente nella vita.
Se questa dovesse essere stata la mia ultima scena non posso che ringraziare la Rai per avermi dato fiducia e Manzini per aver scritto un ruolo che è cresciuto insieme a me. Con il metodo Stanislavskij-Strasberg mi alleno per fare ruoli che riescano a suonare corde diverse e dover disegnare un personaggio come D’Intino con tre scene a puntata per me è stata una sfida e una buona palestra. Con questo finale mi hanno regalato un momento meraviglioso, tremendo per il pubblico, tremendo per D’Intino, ma un dono pazzesco per un attore. Non so che fine farà D’Intino, se uscirà dalla stagione dipende dalla penna di Manzini; se così dev’essere, questo è il modo migliore.

 

La Danza, i viaggi, i libri, lo sport. D’Intino fuori dal set: quali sono le sue passioni?

Mi sono approcciato al mondo artistico attraverso la danza, un mondo che in questo momento sento vicino e che, insieme al teatro, ha subito le conseguenze delle chiusure che stiamo vivendo in questo periodo. A rimanere a casa sono state quelle persone che coltivano il mestiere con serietà. Per noi artisti, danzatori, attori, è un grave errore.
Oltre alla danza e alla famiglia, vivo di viaggi e di libri. Come attore continuo ad allenarmi sette ore al giorno per tre volte alla settimana al Duse International di Francesca De Sapio. Come un pugile che si allena ad ogni incontro, non capisco perché un attore non dovrebbe avere lo stesso atteggiamento. Per quello che riguarda i libri sono una specie di divoratore. In un anno, complice anche il lockdown, ho letto sessanta libri e ho scritto un romanzo da editare, incrocio le dita.
Anche il turismo ne ha risentito. Ho sempre la valigia pronta, la mia urgenza è quella di vedere questo mondo. È il nutrimento anche di un attore:  vedere, leggere, conoscere, visitare.

 

Parliamo del suo impegno sociale. Nel 2012 ha fondato “Famiglia Ginepro” per progetti di adozione a distanza.

Famiglia Ginepro nasce come gruppo Facebook, adesso sta per diventare una vera e propria Associazione. La solidarietà ha due caratteristiche: la prima è che è un lusso e con 65 euro all’anno è un lusso che può coinvolgere tanta gente. Secondo, credo che la solidarietà sia l’atto di egoismo più bello del mondo, quindi facciamola. Abbiamo iniziato con l’adozione a distanza in Africa, adesso portiamo aiuto in Siria. In Italia sosteniamo una casa d’accoglienza e aiutiamo una mensa per le persone in difficoltà, una fetta che si sta allargando. Prima facevamo una cena alla settimana, adesso sono diventate quattro e cerchiamo sempre nuovi volontari.

 

Prossimi progetti :

In questo momento sono teatrali. Il prossimo anno a Milano ci sarà una nuova primavera per il musical e avrò la fortuna (anche se ancora non posso fare anticipazioni) di essere protagonista in un paio di occasioni. Nell’attesa che Manzini mi faccia rientrare in Questura…

 

Dal cinema al teatro, ad un certo punto ha capito di doversi dedicare alla recitazione. È anche docente: cosa direbbe a un giovane che vuole fare l’attore?

Quest’anno sono stato Willy Wonka in “Charlie e la fabbrica di cioccolato” e il prossimo anno tornerò a Milano con due spettacoli. Oggi ci sono troppi modi per perdere tempo e chi sceglie di allenarsi per diventare attore vuol dire che sente il fuoco sacro dentro. Questo mestiere è un arcipelago di sì in un mare di no. Artista è colui che è quello che fa. Indipendentemente dal lavoro che si svolge, la differenza è che se sei un cameriere sei un’artista; se fai il cameriere non sei un’artista.
Quello che dico ai miei allievi è di far capire le propri passioni ai genitori, perché è meglio un figlio felice che un genitore contento. C’è una frase meravigliosa di Verga che dice “Chi nasce pesce il mare lo chiama”. Credo che sia dovere della famiglia e della società capire se un bambino nasce con le branchie. E se ha le branchie dovrebbe essere sostenuto perché dovrebbe stare in acqua. Che sia una pozzanghera o l’Oceano Pacifico poco importa, quello che conta non è l’obiettivo ma il viaggio. Perché se hai le branchie e finisci in un meraviglioso giardino all’italiana, alla fine muori.

CASELLA (Gino Nardella), D’INTINO (Christian Ginepro), DERUTA (Massimiliano Caprara), ROCCO SCHIAVONE (Marco Giallini), ITALO (Ernesto D’Argenio), SCIPIONI (Alberto Lo Porto). Credits: NI.CO s.r.l.s.

Christian Ginepro: è attivo al cinema, in televisione (Boris, Rocco Schiavone, Sirene) e a teatro, in particolare come protagonista di musical e commedie. Trasferitosi a Roma nel 1998 per studiare recitazione, è stato scritturato per il musical A Chorus Line. Negli anni successivi ha affinato tecnica ed esperienza studiando con attori e registi quali Gigi Proietti, Gianni Fenzi, Gino Landi, Pietro Garinei e Massimo Ghini. La svolta attoriale è avvenuta grazie all’incontro con Francesca De Sapio, esponente italiana del Metodo Stanislavskji-Strasberg. Protagonista nei musical: Cabaret nel ruolo di Emcee, insieme a Michelle Hunziker, regia di Saverio Marconi (2007), A qualcuno piace caldo nel ruolo che fu di Jack Lemmon, regia di Federico Bellone (2014), e 50 sfumature – The Musical Parody per la regia di Matteo Gastaldo. In teatro è presente anche in Promesse promesse, regia di Gianluca Guidi e Johnny Dorelli (2003), in Taxi a due piazze, regia di Gigi Proietti (2000). Nel 2006 interpreta Aldo Bini nella serie televisiva Gino Bartali – L’intramontabile, coprodotta da Rai Fiction e Endemol. È autore e regista dello spettacolo Tutti su per terra (2009), del musical Robin Hood (2008) ed è autore, regista e coreografo del musical Alice nel paese delle meraviglie (2010).
Rimando al link: nicoufficiostampa.it/portfolio/christian-ginepro/

Rocco Schiavone: Tratta dai romanzi di Antonio Manzini, Rocco Schiavone è la storia di un Vicequestore in forza alla Polizia di Stato, romano fin nel midollo, che si ritrova a dover svolgere le sue funzioni nella città di Aosta. Trasferito nel capoluogo valdostano per motivi disciplinari, è un uomo con un senso etico tutto personale, che raramente coincide con quello che un poliziotto dovrebbe avere. Giunti alla quarta stagione, Rocco Schiavone è una co-produzione Cross Productions,  Rai Fiction  e  Beta Film  per   la regia di Simone Spada. Trasmesso da Rai2, è ora disponibile su RaiPlay.

2 Commenti

Lascia un commento