di Silvia Celesti
Siccità, il nuovo film di Virzì
Oggi vi parliamo di Siccità, l’ultimo film di Paolo Virzì. Il cast è altisonante: tra i tanti, Silvio Orlando, Claudia Pandolfi, Valerio Mastandrea, Monica Bellucci, Max Tortora. Scritto da Virzì, con Francesca Archibugi, Paolo Giordano e Francesco Piccolo.
Roma e la crisi idrica
Viene definita come commedia fantascientifica o distopica, ma è un ritratto fortemente attuale.
La fantascienza di Siccità ha a che vedere con scenari apocalittici sì, quali una pandemia di malattia del sonno legata alla proliferazione ingestibile di insetti dovuta ad un danno dell’ecosistema tale da causare una siccità insostenibile e l’angosciante razionamento dell’acqua che perseguita i personaggi nelle loro peregrinazioni per una tanica di acqua potabile distribuita da cisterne itineranti in una Roma desolata, arsa, dove del Tevere resta solo un letto scavato e sporco di rifiuti.
Fantascienza, dicevamo, fino a qualche anno fa; niente di più attuale ora.
La crisi dei nostri modelli
L’umanità sta male, soffre, affranta dalla sua stessa ottusità. Non sono solo il caldo o l’epidemia misteriosa che opprimono i protagonisti di Siccità, ma la loro incapacità, passività, idiozia lanciati in una sorda corsa ossessiva all’autodistruzione scandita da rassicuranti mantra #romacelafarà, #andratuttobene, #acquapertutt*.
Sono molti gli elementi che mettono in scena in maniera precisa i tic e le storture della nostra attualità attraverso il montaggio che contrappone le immagini a ripetizione di professori ed esperti collegati dai loro salotti o da studi televisivi che spiegano teorie ben argomentate su come affrontare la crisi e quelle delle stesse interviste che irrompono in celle sovraffollate e invase dagli insetti.
O ancora nelle scene dell’accanito influencer perseguitato dal numero di visualizzazioni e like che, cavalcando l’onda di una causa socialmente accattivante, sviluppa ricette e lezioni in preda ad un ossessionante egocentrismo, fino a credere così tanto in sé e nel proprio ruolo di maestro da fare goffe citazioni simil-serie per avviarsi ad una totale crisi d’identità al primo vacillo di consenso, il tutto mentre nei quartieri popolari la facile solidarietà da social fatica a trovare un’espressione tangibile.
La società di Siccità
Non manca il ritratto di una classe politica ammorbata dalla volontà di non farsi disarcionare, ben rappresentata nelle incursioni di un presidente che, sui sedili posteriori di un taxi, appare in visione al suo ex-autista, uno dei protagonisti, mentre elenca slogan sempre più insignificanti su bonus digitali, liberalizzazioni, grandi alleanze, campi larghi; così come quello delle ingiustizie sociali rese ancor più drammatiche dalla situazione estrema.
Intanto la gente sperimenta una stanchezza sempre più debilitante e crescono le file in farmacia di clienti disposti a spendere cifre considerevoli per ogni genere di integratore contro la perdita di sali, la pressione bassa e ogni altro tipo di disturbo. E un urlo silenzioso e sommesso che arriva dai giovani, ragazzi che piangono tutta la notte in mezzo ad adulti increduli, distratti e inconsapevoli, che non intendono il mondo che li avvolge, convinti che le categorie assimilate nella loro gioventù siano rimaste invariate.
In conclusione, ci sono tanti cavalli imbizzarriti in questa Siccità, nessun domatore, qualche transitorio incantatore, la devastazione e la compulsione di un mondo alla deriva, un sistema di produzione che non funziona più, un’umanità che non sa guardarsi dentro e non sa come aggiustarsi; nessuna fantascienza dunque, ma molto di noi in un film che, più che la speranza, cerca uno sfogo necessario.
ph. credits immagine di copertina: Vision Distribution