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Diario musicale: Falstaff e Giovanna d’Arco

14 Febbraio 2016
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FALSTAFF

di Carlo Schiavoni

A conclusione della stagione 2014-2015, Falstaff, estremo capolavoro verdiano, commedia lirica, intrisa di malinconia, è tornata alla Scala nell’allestimento di Robert Carsen, tenuto a battesimo, nel 2013, da Daniel Harding. Carsen inventa una regia dal ritmo teatrale perfetto: sposta l’azione nell’ Inghilterra degli anni 50: così , nel secondo atto, l’interno dell’osteria della Giarrettiera diventa un “ gentlemen club”;  la sala, nella casa di Ford, si trasforma in una sgargiante cucina americana degli anni del boom economico…

Non di semplice ripresa si è trattato, chè la direzione di Daniele Gatti conduce l’orchestra della Scala a una prova ragguardevole financo a momenti di autentico virtuosismo. Così il Maestro Gatti  ha avuto modo di esprimesi a proposito dell’opera: “la cifra di Falstaff sta più nel disincanto che nella comicità, è un’opera davanti alla quale sorridere più che ridere. Prevale la malinconia: ci si diverte anche, ma nel quadro generale prevale la solitudine e le scene più permeate da un senso di ilarità risultano in fondo le più tragiche. Se dovessi riportare Falstaff a un momento della giornata e alla vita di una persona non penserei alla sera, ma al tramonto. Al momento in cui ci si rende conto di avere ancora del tempo davanti, ma non più così tanto”.

La cura riposta dal Maestro Gatti nella concertazione rivelano la sua particolare predilezione per questa opera. Non è un caso che egli l’abbia voluta affrontare in tutti quei teatri con cui ha intessuto, nel corso degli anni, un rapporto privilegiato: dal Comunale di Bologna alla Opernhaus di Zurigo al Covent Garden.

Una sorpresa è Nicola Alaimo nel ruolo di Falstaff: voce corposa; dizione perfetta tale da restituire la parola scenica, a cui verdi tanto teneva, in tuta la sua evidenza. Accanto a lui, Eva Mei è una Alice di grande classe scenica e vocale; Marie Nicole Lemieux è una sapida Quickly. Il tenorino Francesco Demuro impersona  Fenton. Eva Liubau si rivela una pallida Nannetta, mentre Massimo Cavalletti è un Ford monocorde.

Falstaff di Giuseppe Verdi; Teatro alla Scala 14 ottobre-4 novembre 2015; interpreti: Direttore Daniele Gatti; regia: Robert Carsen; Scene: Paul Steinberg: costumi: Brigitte Reiffenstuel; Falstaff: Nicola Alaimo; Ford: Massimo Cavalletti; Fenton: Francesco Demuro; Alice Ford: Eva mei; Nannetta: Eva Liubau; Mrs. Quickly: Marie Nicole Lemieux; Mrs Meg Page: Laura Polverelli

GIOVANNA D’ARCO

Molti dubitarono che Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi, andata in scena per la prima volta alla Scala il 15 febbraio 1845, fosse opera adatta ad inaugurare la stagione scaligera la  fatidica sera del 7 dicembre. Lasciò perplessi la scelta di un titolo minore, dei, così detti, anni di galera, come li definì Verdi stesso. Bisogna dare atto al Maestro Chailly di avere vinto la propria scommessa, offrendo al pubblico un’esecuzione avvincente. Che si fosse trattato di un’esecuzione fuori dal comune, lo si è capito fin dalle prime battute della sinfonia: archi caldi e bruniti, strumentini solisti di perfetto aplomb, ottoni limpidi dalla sicura e costante intonazione, testimoniano della cura riposta dal Maestro nella concertazione. La direzione di Riccardo Chailly si rivela dunque ricca di colori. Si può ben dire che l’orchestra sia stata protagonista della felice serata alla pari del coro scaligero, autentico pilastro del Teatro. Una memorabile Giovanna si dimostra Anna Netrebko: domina la tessitura acuta della parte: oggi nessuna artista può vantare un’ estensione vocale smile ed altrettanta sicurezza. Da musicista di prim’ordine, al contempo, ne mette in risalto gli accenti elegiaci che rimandano a Bellini e Donizetti. In palcoscenico, si impone per carisma e per le doti di comsumata attrice. Francesco Meli si rivela un partner alla sua altezza per spessore vocale, bellezza di timbro tenorile e di limpido fraseggio.  Subentra all’ultimo minuto, Devid Cecconi, nel ruolo del padre di lei, Giacomo, a sostituire un indisposto Carlos Alvarez. Il divario di personalità con Anna Netrebko si fa immediatamente sentire. Affronta comunque dignitosamente la parte. I registi Moshe Leiser e Patrice Caurier fanno di Giovanna una donna affetta da nevrosi; rappresentano gli avvenimenti dal punto di vista dell’eroina verdiana. Tuttavia la scelta di rileggere la vicenda attraverso gli occhi della protagonista si rivelerà drammaturgicamente debole.

“ Siamo nella mente di una persona che sogna di diventare Giovanna d’Arco.” Sono i registi a parlare all’unisono: “ Lo spettacolo è ambientato all’inizio del XIX secolo, perché pensavo fosse interessante partire della creazione dell’opera, in un ottocento relativamente semplice si vede una camera con un letto… Ci sono comunque anche delle armature, perché il suo delirio è medievale, è la voglia di essere Giovanna d’Arco” .

Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi; Teatro alla Scala 7 dicembre 2015- 2 gennaio 2016; interpreti: Direttore. Riccardo Chailly; regia: Moshe Leiser e Patrice Caurier; scena: Christian Fenouillat; costumi; Agostino Cavalca; Giovanna d’Arco: Anna Netrebko; Carlo VII: Francesco Meli; Giacomo: Devid Cecconi, Talbot: Dimitri Beloselskiy; Delil: Michele Mauro

 

 

 

 

 

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