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Tommaso Ziffer : Architettura di un gentleman

11 Giugno 2018
5.557 Views
di Eleonora Attolico

Un dandy romano. La definizione è riduttiva. Tommaso Ziffer , architetto e interior designer, ci riceve nel suo attico dei Parioli pieno di luce e colori. Quasi sempre indossa bretelle e calze a righe Gallo. Non a caso ha un forte senso della moda che gli viene dal DNA. La nonna era titolare della sartoria “Sorelle Botti” celebre negli anni Quaranta e Cinquanta. Tra le clienti Mafalda di Savoia, Anna Magnani e Palma Bucarelli.  Il talento per la decorazione d’interni, invece, gli arriva dalla madre, Angela Saratti Ziffer, con cui ha cominciato a lavorare dopo la laurea in architettura alla Sapienza. Già dagli anni Novanta il grande salto con una committenza prestigiosa: la realizzazione di varie boutique di Valentino. Inoltre gli uffici privati dello stilista e del socio, Giancarlo Giammetti, in piazza Mignanelli, vicino a piazza di Spagna. Ziffer è noto nella Capitale per aver realizzato l’Hotel de Russie. Lavora anche in Europa con successo. Non solo a Parigi ma anche a Berlino dove ha firmato l’Hotel de Rome.  In questo momento è oberato di lavoro tra la progettazione dell’Hotel de la Ville in via Sistina e La Locanda Rossa, a Capalbio, un resort di campagna che avrà  una nuova ala con 24 camere e suites. Ecco, per sommi capi, la sua visione della vita, il suo senso dell’eleganza, i progetti.

Partiamo dal liceo e l’Università. Cosa le hanno lasciato ? Consiglierebbe a un giovane di iscriversi alla Sapienza o pensa sia meglio studiare all’estero?

Ho fatto il liceo classico al Mameli. Tra i miei compagni di scuola ricordo la giornalista Denise Pardo, l’attore Stefano Madia oggi scomparso e la sceneggiatrice Francesca Marciano. Ne ho un ottimo ricordo anche se, per la verità, non ero  un grande studioso. Ho preferito l’Università. Oggi architettura è cambiata molto. Si va verso la specializzazione estrema.

E quindi ?

Partiamo dagli strumenti. Nessuno usa più il tavolo da disegno, la china, la carta da  lucido. Un giovane, soprattutto se vuole fare il mio mestiere che oramai sarebbe più quello dell’Interior Designer , non ha bisogno di cinque anni di architettura. Gli consiglierei di imparare bene a disegnare con i programmi Autocad ( Computer Aided Design). Servono per realizzare progetti in 3D e per le proiezioni ortogonali. E’ ovvio che la mia laurea  è utile perché so quali sono i giusti tagli architettonici, mi intendo di impianti e muri portanti.Importante anche un corso di design, il migliore è al Central  Saint Martins a Londra.  L’Italia è un Paese difficile anche per l’Interior Design.

Come mai ?

Girano pochi soldi e sono più complicate le fonti. A Parigi, andando al Marché aux Puces, arredi la casa in tre giorni. Per le stoffe mi trovo bene al Marché Saint Pierre dove trovi persino la toile de Jouy a prezzi stracciati. A Roma, purtroppo a Porta Portese oramai è difficile fare un buon affare. Per tessuti, tappeti e stuoie, invece, un ottimo negozio è Totti (niente a che vedere con il calciatore n.d.r.) e si trova in via del Babuino 93.

Va all’Ikea ?

Adoro l’Ikea. Trovo elegante. Non bisogna arredarci tutta una casa ma vanno inseriti alcuni elementi. Mi piacciono anche Zara Home e Maisons du Monde. Aiutano a “condire”.

In che cosa sua nonna, proprietaria della sartoria Botti, ha influenzato il suo lavoro?

Moda, design, architettura sono legati. Da mia nonna ho ereditato il senso del colore, il gusto per i tessuti. Mia madre ha una sensibilità contemporanea.  Mi piacciono le persone che, in ambito creativo, si esprimono a tutto tondo. In casa venivano persone interessanti, per esempio, Giulio Coltellacci un costumista che fu anche scenografo. In quanto a mio padre Claudio, era ingegnere, mi ha trasmesso la razionalità.

Come nacque la collaborazione con Valentino e Giancarlo Giammetti? Cosa mi dice di Pierpaolo Piccioli, l’attuale Direttore creativo?

Conoscevo Giancarlo Giammetti e mi affidò i negozi. Non ero molto contento perché è un lavoro impe

rsonale. Contenitori per vendere. Li ho progettati per dieci anni in varie città: Parigi, Vienna, Zurigo, Venezia, Bologna, Bari,  Milano, Londra. Viaggiavo come un pazzo. Per il quartier generale di piazza Mignanelli era stato chiamato lo studio inglese Hosker, Moore and Kent ma, Giancarlo Giammetti e Valentino volevano che, per i loro uffici personali, ci mettessi le mani. Così per Valentino scelsi carte da parati damascate fatte a San Patrignano, tende di seta e tappeti Aubusson. A Giancarlo Giammetti spettava una stanza gigantesca. L’idea era di ispirarsi a quella di un produttore americano dato che era il businessman della Maison. La rivestii di una carta da parati di legno, tutta intarsiata. In quanto a Pierpaolo Piccioli lo conosco da anni. E’ bravo perché ha ripreso lo stile della Maison reinterpretandolo. Gli abiti di Valentino erano più sexy con scollature e spacchi, Pierpaolo ci racconta una donna più vestita, più casta.

Come fu ideato invece l’Hotel de Russie di Rocco Forte?

Conoscevo la moglie, Aliai Ricci e sua madre Lidia. Cercavano un interior designer per l’edificio, anticamente un hotel. Poi per anni, curiosamente, erano stati degli uffici della Rai, il giardino era pieno di rovi. Piacqui a Rocco ma soprattutto alla sorella Olga Polizzi perché ero, allora, un designer specializzato nella decorazione delle case. Era il 1998, presentai un book di dimore classiche, non era arrivato ancora il contemporaneo, il minimalismo ecc… Per il De Russie il concetto era semplice. L’architetto neoclassico Giuseppe Valadier aveva realizzato l’edificio e le scale del giardino. Non andavano toccati ma pensai di abbinarci lo stile anni Quaranta. Feci un misto che funziona ancora oggi. Lo si capisce osservando le aree pubbliche: la reception, la hall, il salone. Oggi è un po’ cambiato il modo di concepire gli alberghi.

Come ?

Si cerca di fare meno camere piccole e più suite. I bagni molto più grandi di una volta, con vasca e doccia insieme. Le televisioni con i maxi-schermi . Gli impianti elettrici con varie prese che ricarichino telefonini, Ipad, sigarette elettroniche ecc… anche quando si esce dalle stanze.

E l’hotel de Rome di Berlino?

E’ tra i pochi palazzi che ha resistito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Risale alla fine dell’Ottocento con grandi colonnati. Seimila metri quadri di saloni, sale da tè e ristoranti. Di nuovo mi chiamò Olga Polizzi. E’stato inaugurato nel 2007 ma cominciai a lavorarci nel 2005. Sono convinto di una cosa : Il design deve rispecchiare il posto. Quindi ho voluto un albergo berlinese dai colori scuri con una atmosfera un po’ rigida. Pensai al Portiere di Notte di Liliana Cavani.  E’ un cinque stelle lusso come il De Russie. Il prossimo progetto, come sapete, sarà la riapertura a Roma, in via Sistina dell’Hotel de la Ville. Avrà cento camere. Quindi confermo la nuova regola: si riduce il numero delle stanze, più grandi e con bagni ampi. 

Può darci qualche anticipazione?

Arriva in un momento di cambio stilistico. Osservo un ritorno alla vera decorazione, penso allo stile di Renzo Mongiardino. La nuova tendenza parte dai giovani, dai Millennials che oggi hanno trent’anni. Sono nati nel Minimalismo e non ne possono più. Pretendono un background storico.  E quindi, per fare un esempio, va di moda la carta da parati, piacciono i velluti. Nel caso dell’Hotel de la Ville ho pensato a una rivisitazione del Grand Tour. Da Goethe a Stendhal passando per il ritrattista Pompeo Batoni o il Caffè Greco di via Condotti. Roma, secondo me,  è rimasta una città da Grand Tour e non una capitale degli affari ma all’Hotel de la Ville non troverete nulla di polveroso.

In che senso?

Ho fatto largo uso di nuove tecnologie. In un grande salone al primo piano voglio ricreare quelle che, nel Settecento e Ottocento, gli inglesi chiamavano Le Print Rooms. Erano stanze con le stampe attaccate al muro, tipo quadreria. Oggi le possiamo riprodurre con la stampa digitale. Ho scaricato i paesaggi in bianco e nero del Grand Tour: rovine romane, vedute di Pompei, le  mete dei gentiluomini inglesi. Saranno disposte su un fondo colorato. Ho fatto anche degli ingrandimenti di arazzi. I bagni li ho pensati con le cementine come si usava nei palazzi romani. Saranno mischiate con il marmo. Forse l’Hotel de la Ville è quello che mi assomiglia di più dal punto di vista personale.

A proposito di Grand Tour e di gentiluomini, lei ha uno stile da dandy contemporaneo. Dove le piace comprare in Italia e all’estero?

Mi diverto con la moda. Mi vesto colorato. Il vezzo delle bretelle è dovuto al mio fastidio per le cose che stringono in vita. Mi piacciono le scarpe ricamate e quelle venete di velluto, le Furlane. Le acquisto on line. Compro volentieri anche a Parigi. Alterno boutique poco care come Uniqlo all’Opéra a quelle eleganti come Charvet in place Vendôme ( il negozio preferito di Marcel Proust n.d.r) dove compro le cravatte. Vorrei parlare anche dei profumi che considero importanti sia per la casa che per la persona.

Va bene. Parliamone.

Per la casa la linea Dyptique e, in particolare, le essenze ambrate.  Inoltre ho un passione per il Maître Parfumeur et Gantier, in particolare per L’Ambre du Népal. Per gli uomini, i profumi inglesi di Penhaligon’s. Infine sia per l’ uomo che per la donna  segnalo nel Marais : L’Etat libre d’Orange. Hanno nomi spiritosi come  Charogne o Putain des Palaces.

Appartamento Romano in via Mercalli

Da cosa si capisce se una casa è elegante e quali sono gli errori più eclatanti ?

Si deve percepire un equilibrio, un’arte nel saper mischiare le cose. In due parole una stratificazione armonica ma anche eclettica. Le cose che mi danno fastidio?  I fiori finti e le bambole. In particolare poggiate sul letto. Hanno un che di Grand Guignol.

Parliamo di ristoranti e buona cucina. Quali i suoi preferiti ? I piatti che predilige?

Non mi piacciono i ristoranti stellati, gli chef. Sono per la cucina “di casa” ma fatta bene. A Roma uno dei miei preferiti è Dal Moro vicino a Fontana di Trevi.  “La pasta al Moro”  per esempio è una carbonara segreta, un po’ diversa. A Londra il Wolseley,  è stupendo. Era una vecchia banca , si trova vicino a Piccadilly. Non costa troppo. Propongono una cucina continentale e hanno una steak house.  A Parigi in place de la Madeleine, questo invece è costoso, il Caviar Kaspia. In riva al mare La Dogana a Capalbio e vicino a Fregene, a Maccarese, Lo Scoglio. Non mi piacciono i piatti elaborati. Detesto quando ti portano tre spaghetti arrotolati. Quando succede mi arrabbio.

Quale architetto del passato ammira ? Quale decoratore ?

Giuseppe Valadier di cui ho già parlato, l’architetto del Terzo Reich, Albert Speer e l’americano Frank Lloyd Wright. In particolare considero un capolavoro  la casa sulla cascata in Pennsylvania. Aggiungo il modernista Richard Neutra. Invece tra i decoratori-disegnatori Christian Bérard, detto Bébé. Aveva collaborato con i Ballets Russes ed era amico di Christian Dior. Conosceva bene anche Jean Cocteau, Coco Chanel e Elsa Schiaparelli.  Faceva delle magnifiche boiseries in bianco e nero. Tra gli americani Tony Duquette un esteta hollywoodiano con la passione per i mobili francesi del Diciottesimo Secolo. Arredò le case di Vincent Minnelli e Mary Pickford. Disegnava anche i gioielli. Sarà che ho il vezzo di realizzare gemelli.

Esistono delle regole d’oro per decorare una casa ?

Ci si deve adattare al luogo. Le case cittadine vanno fatte in modo diverso da quelle di campagna. Il caminetto in città può diventare un incubo, già solo per portare la legna all’interno di un appartamento, magari senza ascensore. Un casale di campagna, per parte sua, non deve essere formale a meno di non possedere un palazzo affrescato o un castello. In campagna i fiori sono di campo, in un appartamento urbano si comprano dal fioraio. Non trova?

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