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Brunello Cucinelli: identikit di un imprenditore

7 Giugno 2019
3.169 Views
di Eleonora Attolico

“L’esperienza mi ha convinto che un uomo utile è sempre felice” ha scritto Brunello Cucinelli, l’imprenditore umbro che, nella seconda metà degli anni Settanta, ebbe un’idea vincente: colorare il cashmere. Lui utile lo è stato e lo è ancora. Con un fatturato di 553 milioni di euro nel 2018 e un bel +8,1% rispetto all’anno scorso, impiega circa 1.800 persone. Dipendenti con una buona qualità di vita: lavorano in un’azienda immersa nella natura, con grandi finestre rettangolari che avvolgono gli occhi in un paesaggio di vigneti e colline. Una campagna che ricorda un dipinto dei Macchiaioli.
L’azienda si trova vicino a Perugia, sotto al borgo medievale di Solomeo, completamente restaurato dallo stesso Cucinelli. Magliaie, impiegati e progettisti entrano alle 8 di mattina e vanno a casa alle 17.30. Dopo quell’ora scrivere mail o restare connessi con gli impegni professionali è mal visto. Il padrone si turba se riceve un messaggio da un dipendente alle due di notte: “Non va bene. Significa che ha un problema esistenziale”, confessa ai giornalisti lo scorso Settembre quando ha festeggiato i quarant’anni di attività. Già, ma se gli scrivono da Pechino (in Cina 21 negozi) o da Los Angeles (in Nord America se ne contano 25) la regola non vale, ma solo per via del fuso orario. Citare queste città non è casuale. Serve a capire quanto il suo marchio sia diventato globale. Geograficamente, ma anche a livello di produzione.

Vista di Solomeo

Cucinelli non si limita ai pullover. Già dal 2002 presenta collezioni di prêt-à-porter uomo e donna. Gonne di cotone o di tulle, raffinati pantaloni di lino, giubbotti e blazer. Inoltre offre un’ampia scelta di accessori: sneakers chiare o sacche da weekend in prevalenza sui toni del beige, del sabbia o del fango. Da sfoggiare agli Hamptons come a Saint Tropez. I suoi negozi sono luoghi piacevoli, in genere salotti tinteggiati di bianco che ricordano una club house. Unico neo i prezzi alti, un marchio non alla portata di tutti. Gli europei, gli italiani in particolare, se ne lamentano. Brunello lo sa e ribatte: “Il costo elevato serve a pagare come si deve chi li realizza, i miei dipendenti sono ben remunerati”. Il suo guardaroba piace ai ricchi del mondo: l’ 84,1% delle vendite è all’estero.
L’azienda è stata quotata alla Borsa di Milano nel 2012. Il suo capitalismo umanistico è condiviso dagli azionisti che vedono in questa azienda un progetto di crescita sostenibile. Inoltre, anche grazie a lui, l’artigianato italiano ha ritrovato dignità. È diventato un mestiere glamour che non ha nulla da invidiare all’essere musicista o pittore. Una lezione di vita che ha sconfitto mille luoghi comuni.

Punta sull’alta qualità del prodotto. L’obiettivo? Proporre life style di alta gamma. “Io lavoro per il lusso ma non vivo nel lusso”, replica secco alla giornalista Emilia Costantini durante un recente incontro al Teatro Eliseo di Roma. La scelta di vivere nel borgo di Solomeo rispecchia la sua idea di semplicità contadina e l’attaccamento alla famiglia. Le due figlie oramai grandi, Camilla e Carolina, gli hanno già dato dei nipoti. È un nonno giovane se consideriamo che è nato a Castel Rigone nel 1953, non lontano da dove vive oggi.
Altri punti fermi sono gli amici del bar, molti aneddoti che racconta derivano da un certo allenamento alla convivialità. Le sue cene a Firenze, durante il Pitti Uomo, sono un appuntamento a cui nessuno rinuncia: cucina italiana con i migliori catering (Salza di Pisa o Da Vittorio di Bergamo) e vini delle migliori cantine. I compratori stranieri e la stampa, soprattutto anglosassone, lo adorano. Tra le qualità indiscutibili, la generosità e il senso dell’umorismo, pilastri di una vita incentrata sulla serenità interiore.

L’azienda di Brunello Cucinelli

Nel cuore, San Benedetto e San Francesco. Tra i filosofi ammira Platone e Kant ma anche Rousseau e Voltaire, testi che ha letto da adulto. Da giovane era uno studente svogliato. Diploma da geometra, poi si iscrive, con poca convinzione, alla facoltà di ingegneria che lascia dopo un anno, ma gli piace l’ambiente universitario. Si infervora nelle discussioni tra ragazzi e sogna di cambiare il mondo, ma non è mai stato un utopista. Se si guarda il suo operato, si capisce che è un uomo rigoroso e concreto. Uno dei suoi meriti è stato quello di rilanciare, soprattutto nella sua regione, trecento laboratori artigianali terzi. Quell’Umbria che, nonostante gli scandali degli ultimi tempi legati all’ospedale di Perugia, è un distretto di eccellenza. Non fosse altro che per la maglieria.
Cucinelli viene da una famiglia contadina e ne va fiero. La parte più lirica del suo libro intitolato “Il sogno di Solomeo”, edito da Feltrinelli, riguarda l’infanzia tra le stalle. Si legge: “Quando lavoravamo la terra con gli animali, ero addetto a guidare i buoi. Il babbo dietro manovrava l’aratro. Era importante che non uscissero dal tracciato. Terminata l’aratura mio padre studiava i solchi e mi diceva: Bravo, guarda come sono dritti; se gli chiedevo perché fosse tanto importante rispondeva: perché sono belli”. Il senso estetico di Brunello parte proprio da qua. Oltre a Solomeo restaurato insieme all’amico architetto e paesaggista Massimo De Vico Fallani, si è occupato di riqualificare il territorio, la periferia, costruire un teatro (che fu inaugurato da Luca Ronconi nel 2008) e infine realizzare un monumento ad archi dedicato alla Dignità dell’Uomo.

Ritratto Brunello Cucinelli

Nicchia quando lo accostano a Adriano Olivetti, preferisce il paragone con l’imprenditore scozzese Robert Owen vissuto nel Diciannovesimo secolo perché “dello stesso ramo”. In piena rivoluzione industriale questo padrone visionario andò contro corrente. Mentre molti padroni sfruttavano gli operai, lui aveva introdotto, nelle sue fabbriche tessili a New Lanarck, criteri di benessere per la manodopera. Spiega Cucinelli: “Sono attratto dagli ideali etici di Owen: dimostrò che un’industria poteva essere guidata con vantaggio quando gli operai sono retribuiti con un buon salario, magari un po’ superiore alla media e sopportando un orario di lavoro non eccessivo”. Principi che l’imprenditore umbro ha cercato di applicare, diventando un modello aziendale studiato in tutto il mondo.

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