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Canova a Roma, nel segno effimero dell’eterna bellezza

4 Novembre 2019
1.883 Views
di Eleonora Attolico

“Una mostra- evèèèènto”, squittisce Virginia Raggi, sindaca di Roma in conferenza stampa a Palazzo Braschi. L’occasione è l’inaugurazione della esposizione dedicata allo scultore neoclassico Antonio Canova (1757-1822) intitolata “Eterna Bellezza”. Durerà fino al 15 marzo.

Oltre 170 opere esposte tra marmi (pochi), gessi (diversi), bozzetti e disegni. È il legame con l’Urbe il filo conduttore. I monumenti e la Storia della Città Eterna come fonte inesauribile di ispirazione. Il confronto con il mondo antico, il legame con l’Accademia di San Luca, la passione per il Bello. Da non perdere la sala con gli scatti di Mimmo Jodice che, negli anni Novanta, ha realizzato una serie di fotografie dedicata ai marmi canoviani. Molti prestiti vengono dalla Gypsotheca di Possagno, la cittadina natale dell’artista (in provincia di Treviso) ma anche dai Musei Vaticani e dal Correr di Venezia.

Fondamentali alcune opere in marmo prestate dall’Ermitage di San Pietroburgo: La Danzatrice con le mani sui fianchi e L’Amorino Alato. La prima è stata scelta come immagine per la copertina del catalogo edito da Silvana Editore. Posta, nell’ultima sala, su un piedistallo rotante, proprio come piaceva all’artista. Si rimane imbambolati come da bambini quando si seguiva il girare di un carillon. Splendidi anche i busti in gesso come l’Autoritratto e il Napoleone Primo Console. “Bonaparte somiglia a Marlon Brando negli Ammutinati del Bounty” commenta un cronista durante la visita. L’opera viene dall’Accademia Nazionale di San Luca.

Interessante è il luogo della mostra per sottolineare quanto Roma sia un museo nel museo. Quando Antonio Canova giunse in città nel 1779 da Venezia, il Papa regnante era Pio VI. Si chiamava Gianangelo Braschi (1717-1799). L’omonimo Palazzo di Piazza Navona, in realtà fu fatto costruire nel 1791, al posto di un Palazzo Orsini. Pio VI volle erigere una dimora di prestigio per il nipote Luigi chiamando l’architetto Cosimo Morelli. Questo non cambiò gli ottimi rapporti tra lo scultore e il Papa, anzi. Pio VI voleva essere considerato come un patrono delle arti. Impiegò somme ingenti per costruire la sacrestia di San Pietro e il museo Pio Clementino. Il Pontefice, va detto, dovette affrontare la Rivoluzione Francese. Canova era fieramente antigiacobino e nel 1798, quando venne proclamata dal generale Berthier la Repubblica Romana, lasciò in fretta e furia la Città Eterna. Dovette rifugiarsi nel “natìo borgo” di Possagno. Dipinti, disegni e incisioni esposti in mostra documentano questo episodio e l’esilio di Papa Braschi prima in Toscana poi a Briançon e Valence.

Antonio Canova, come sottolinea il curatore Giuseppe Pavanello, può essere considerato l’ultimo degli scultori antichi e il primo dei moderni. Si rifiutò di realizzare copie di opere classiche perché convinto fosse indegno di un artista creatore. Inoltre non volle mai intervenire con dei restauri sui marmi antichi. Erano, secondo lui “intoccabili”. L’esposizione affronta anche il rapporto tra lo scultore e la letteratura del suo tempo, in particolare il rapporto con Vittorio Alfieri e la tragedia Antigone andata in scena a Roma nel 1782.

Dal 1802 divenne Ispettore generale delle Belle Arti per lo Stato della Chiesa. Era, tra varie cose, anche incaricato di recuperare le opere d’arte trafugate in Francia sotto Napoleone. Il suo studio in via delle Colonnette era una delle tappe del Grand Tour. Nel suo atelier faceva ammirare le statue a lume di candela, esperienza che viene riproposta anche in una delle sale. Una sensazione dolce e romantica che però fa venire il magone. Mentre guardi questi capolavori continui a pensare a quanta bellezza ha generato Roma e a come è tenuta male oggi.

Antonio Canova, Amore e Psiche, gesso, ph. Andrea Parisi

Infine una nota sul futuro. Nel cortile del Palazzo una curiosità. A partire da una scansione 3D del gesso di Amore e Psiche, un robot ha scolpito per 270 ore un blocco di marmo bianco di Carrara di dieci tonnellate. L’installazione ideata dall’azienda di allestimenti Magister in collaborazione con Robotor apre una nuova sfida. Ad accompagnare “l’opera” un documentario sulla realizzazione con la voce di Adriano Giannini e la musica del violoncellista Giovanni Solima.

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