a cura di Erika Lacava
Il treno arriva a Vicenza. Fabio Refosco viene a prendermi. Destinazione: Trissino, inART.
Fabio e Bettina mi accolgono con una tazza di caffè. Io mi guardo intorno incuriosita, affascinata, come un bambino nel paese dei balocchi. Il vassoio del caffè ricavato da un portacandele d’iroko con decorazione minimale, i cucchiaini dal manico attorcigliato, i lampadari di modernariato dal particolarissimo restyling, il tavolo in foglia argento dove i visitatori incidono una traccia del loro passaggio. Tutto ha il sapore dell’hand made, della cura e dell’amore per il proprio lavoro, della lentezza del tempo che sembra fermarsi, in questo luogo, intriso degli odori, dei colori, tra cornici, specchi, bobine in legno e rotoli di carta. Un posto accogliente e caldo che fa sentire subito a proprio agio.
Il pavimento è industriale ricoperto dai segni delle mille lavorazioni che con il tempo si sono stratificate: gocce di stucco solidificato, macchie. Ci sono tracce delle “frustate” di Fabio Refosco, tracce di resina del laboratorio di gioielleria di Patrizia e di quello di Interior desing di Bettina.
InART è uno spazio nella zona industriale di Trissino, in provincia di Vicenza, una paese storicamente legato alla lavorazione dell’oro. Passando sulla strada che da Vicenza porta a Trissino incontriamo la fabbrica di mosaici e ceramiche di lusso Bisazza, dove un paio di volte all’anno si tengono esposizioni d’arte internazionale. Anche a Trissino si tiene una biennale d’arte contemporanea dove negli anni hanno esposto nomi quali Dorazio, Corpora, Licata, Sassu, Schifano… e molti sono i collezionisti da queste parti. È qui, in mezzo a questo ampio paesaggio dove la foschia d’inverno fa da padrona e i capannoni si alternano a villini, e campi e colli e boschi, che nel 2006 nasce inART dalle ceneri di un’attività di decorazione e progettazione su misura fondata da tre donne architetto sotto il nome di “stART”, in un vecchio mulino ristrutturato, non lontano da qui.
Bettina Galiotto è l’anima di inART, fondatrice e responsabile di quello che lei definisce “un contenitore aperto alla creatività”, una fucina di idee e relazioni che si intrecciano creando la linfa vitale del luogo. Da inART il passaggio è continuo, tra architetti, designer, artisti, musicisti, in uno scambio che prima di essere professionale è amicale, umano, e l’ambiente che li accoglie ne assorbe tutta l’energia generatrice. InART è un luogo di lavoro ma anche di incontro e di crescita continua con artisti di altro genere, dove un paio di volte all’anno si tengono eventi culturali, performance di danza, istallazioni artistiche, concerti. InART è aperto alla collettività e al dialogo con le scuole della zona e le amministrazioni locali, partecipando e proponendo eventi volti a promuovere la cultura e l’arte nel territorio.
Bettina è arredatrice, recupera mobili con un approccio estetico-creativo unico, in continua sinergia con le esigenze del cliente, in un processo di creazione che lo coinvolge costantemente negli aspetti decisionali fino al raggiungimento del risultato finale. Fa delle sperimentazioni del materiale la sua prassi quotidiana. Non produce oggetti per la vendita in sé, ma li usa come base per testare le tipologie di finiture, per poi riprodurle su larga scala nelle case e negli arredi dei clienti. Così gli spazi di inART diventano piccoli mondi in provetta di quello che poi verrà reso definitivo altrove. Gli oggetti prodotti vengono poi impiegati per la vetrinistica o per allestire set per video o servizi fotografici, che spesso vengono girati direttamente a inART.
In ufficio possiamo trovare un campione di piastrelle a mosaico con motivi magrebini, realizzate con tovaglioli di carta provenienti dalla California, applicati su compensato e spruzzati di resina per creare un effetto lucido e donare impermeabilità e resistenza nel tempo. In bagno motivi floreali dipinti sul muro e a pavimento, in corridoio rami e foglie d’albero appena accennati suggeriti da strisce di carta da pacco, in cucina velature di carta sul muro e piccoli quadretti pop di sperimentazioni materiche.
Ogni oggetto è reso unico non solo dalla lavorazione manuale e dal tipo di richiesta del cliente, ma anche dal materiale utilizzato e dall’uso creativo, ogni volta differente, che ne fa Bettina. Il recupero di mobili è molto spesso un ritorno allo stato “primordiale” dell’oggetto, è un recupero essenziale che, più che aggiungere e coprire forma o colore, toglie e scarnifica, scoprendo dell’oggetto le radiche, le sue venature nascoste, riportandolo così alla sua condizione originale. Fa da contraltare a questo effetto naturale l’uso di un prodotto estremamente innovativo, un prodotto siliceo basato sulle nano-tecnologie che rende impermeabile il legno senza alterarne l’effetto naturale. È possibile seguire Bettina e inART Maestrie su Facebook (www.facebook.com/inart.maestrie)
Un’altra delle stanze è occupata da PataDesign di Patrizia Maule, grafica e creatrice di gioielli in resina “annodati” con composizioni e sperimentazioni sempre varie. Patrizia è riuscita a creare una particolare consistenza della resina che le permette di ottenere l’elasticità della parte circolare dell’anello, quella indossabile, mantenendo la durezza della “gemma” annodata. Questa collezione porta il nome di “Ignazia”, il rimedio omeopatico per lo scioglimento dei nodi. Ignazia e altri gioielli in resina sono stati esposti al Fuorisalone e all’Homi; si possono trovare in vendita anche a Milano, nello store “Brandstormig” in via Corsico 3 e da “Fleur”. Per tutte le collezioni e i punti vendita visitare il sito www.patadesign.it/
Al piano superiore è situata una sala prove in cui, a periodi alterni, è ospitato il musicista-artista italo-australiano Florio Pozza, di cui ammiriamo le sculture di luce. Con Florio, altri artisti e musicisti si organizzano serate che animano inART rendendolo un posto di ritrovo culturale. (http://floriopozza.com/ )
Accanto alla sala prove è situato lo spazio espositivo per le opere di Fabio Refosco, l’artista che mi ha condotto fin qui. Di lui mi aveva incuriosito una serie di lavori sulle bolle, un modo ludico di fare arte con risultati inediti.
Fabio Refosco si è unito ad inART nel 2011, trovando in questo luogo il suo ambiente creativo ideale. Silenzioso, appartato, un luogo in cui si arriva solo se già lo si conosce. Fabio lavora prevalentemente la mattina e la sera, con luci e suggestioni differenti. Guarda i suoi lavori da lontano, li accosta, li taglia, creando soluzioni e composizioni diverse. Lavora a rotoli “porzionabili” da cui estrae le sue gemme finali.
Fabio Refosco ha iniziato la sua attività espositiva nel 2010. Nel 2013 ha presentato gli “Orizzonti”, alcuni pezzi dei quali saranno inseriti a Dicembre nella collettiva “Small is Beautiful” alla galleria Zoia di Milano. Un lavoro suggestivo in cui la leggerezza della mescolanza-tensione tra acqua e pigmento nero restituisce paesaggi evanescenti, la nebbia veneta bianca e densa, gli orizzonti sconfinati. Piccoli paesaggi irregolari che costringono al particolare ma in cui si respira la campagna circostante.
Da inART troviamo cassetti pieni di “Orizzonti”, alternati a scaffali colmi di carte fotografiche e rotoli di carta da plotter. Lavori differenti in cui Fabio cerca l’equilibrio tra gestualità espressiva e controllo dell’inconscio. Realizza nel 2012 “Altri mondi”, 100 tavolette materiche dei colori del mare, della terra, dei pianeti, alcune delle quali vengono esposte a Trissino nella biennale di arte contemporanea in un lavoro proiettato a parete con ingrandimenti al 500% e musica sperimentale di Florio Pozza.
Segue a questi lavori la serie “Margherite Nere”, realizzate con un laccio di tessuto usato come frusta a disegnare, con gesti scelti e ben precisi, attimi che diventano forma negli steli e nei fiori impressi.
Infine i “Tappeti”, rotoli lunghi anche 3 metri con effetti di una raffinatezza straordinaria in cui sembra di assistere a un’esplosione primordiale e alla nascita di esseri unicellulari.
I lavori di Fabio Refosco sono in bilico tra casualità e rigore, tra la forza del caos e il bisogno di un ordine, che viene scelto innanzitutto nell’uso scarno del colore, nero in prevalenza, a tratti azzurro o lievemente grigiastro. Un ordine perso nella fase generativa dell’opera con un’azione impulsiva e infine riassegnato ritagliando e costringendo il disordine in forme chiuse, quadrate, perfettamente equilibrate, con un gusto estetico per i dettagli e le finiture d’insieme.
Fabio Refosco ha esposto in diverse collettive in tutta Italia e in personali tra Vicenza e Treviso.
I suoi lavori si possono vedere su www.fabiorefosco.com