di Cristina Ruffoni
“Le intuizioni profonde della vita congiunte l’una all’altra, parola per parola, secondo il loro nascere illogico, ci daranno le linee generali di una psicologia intuitiva della materia. Essa si rivelo’ al mio spirito dall’alto di un aereoplano. Guardando gli oggetti, da un nuovo punto di vista, non piu’ di faccia o per di dietro, ma a picco, cioe’ di scorcio, io ho potuto spezzare le vecchie pastoie logiche e i fili a piombo della comprensione antica.”
Marinetti (Manifesto della Letteratura futurista, 1912)
“La nostra percezione dell’immagine si e’ accellerata attraverso il cinema, la televisione, l’automobile. Noi riusciamo a vedere anche messaggi pubblicitari da vicino sui cartelli passando a cento all’ora….”
Studio sull’immagine – Luigi Ghirri
Il resistente pregiudizio che il Futurismo non fosse altro che idolotria della macchina e superficiale riproduzione del movimento fisico, perduro’ con tenacia fino all’immediato dopoguerra, nell’ambito di una certa critica di tendenza e limitata da un complesso d’inferiorita’ e sudditanza nei confronti delle avanguardie straniere.
Molti studi, ricerche e pubblicazioni, con relative mostre antologiche, come l’ultima sul Futismo al Guggenheim di New York, Italian Futurism, 1909-1944 Reconstructing the Universe, si sono concentrati piu’ sull’aspetto figurativo e pittorico, non prendendo in esame, in modo centrale, l’apporto fondamentale della poetica di Marinetti e la sua determinante influenza oltre l’ambito stesso del Futurismo.
La personalita’ di Marinetti, e’ al centro, sostanzialmente di ogni audace invenzione futurista, senza di lui, il Futurismo anche in pittura, non sarebbe esistito, senza togliere nulla all’ingegno e all’importanza pittorica di un Boccioni, di un Balla o di Severini e di Carra’.
L’attuale tendenza delle manifestazioni artistiche a sconfinare nello spettacolo non fa che sviluppare e distorcere dei presupposti espressi dai pittori futuristi e dallo stesso Boccioni: “noi porremo lo spettatore al centro del quadro”, principio dedotto direttamente dalla visione estrema e dal pensiero coerente di Marinetti.
Le istanze multidisciplinari, lo sconfinamento ambientale e le diverse contaminazioni, sono da attribuire soprattutto alle sperimentazioni futuriste, basta pensare alle “camere tattili” di Marinetti, accanto alle “tavole tattili” per viaggi di mani, ai “cuscini tattili”, ai divani tattili” e ai “letti tattili”. In una certa prospettiva storico-critica sul Futurismo, un caso particolare rappresenta infatti il Manifesto del tattilismo, scritto da Marinetti nel 1921 dove egli classifica le varie “scale del tatto”: “astratto e freddo” della carta argentata, senza calore, persuasivo, ragionante” della seta liscia; tatto morbido, caldo umano” della pelle scamosciata e dei capelli, sensuale, spiritoso, affettuoso” della spugna e della spazzola leggera.
La “poesia visiva”, le installazioni Fluxus, l’assimilizzazione dell’identita’ sonora e l’utilizzo di nuovi e diversi materiali, il cosidetto “ polimaterismo” anche nella scultura e in architettura, sono alla base del principio di simultaneita’, quella fisica della velocita’ e quella del processo mentale, il senso psico-fisico dello spazio simultaneo futurista, che doveva per Marinetti, diffondersi e articolarsi ulteriormente, grazie ai mezzi di comunicazione come la radio e la futura televisione. Quel nuovo senso dello spazio che ritroveremo poi, in artisti come Rauschenberg, Warhol, Dine, in Cage o Gerhard Richter. . Il modernismo, il dinamismo di Marinetti, prima che ideologico e’ poetico, lirico, come quando prevede e descrive il nostro viaggio sulla Luna.
Nel Manifesto, pubblicato per la prima volta in francese da Marinetti nel Figaro di Parigi del 20 febbraio 1909, e’ descritta una macchina da corsa, piu’ bella “della Vittoria di Samotracia” , non solo un inno alla velocita’ ma una metafora della fuga “dalla saggezza”, poiche’ l’aspirazione costante di Marinetti, e’ di rompere i fili della logica per indagare l’ignoto attraverso il culto del non sperimentato, nella dimensione dell’”alogico”, dell’”irreale”, del “sorprendente”.
La pratica dell’inconscio e dell’irrazionale, conduce Marinetti verso l’applicazione della scrittura automatica, che preclude anche a un aspetto plastico e figurativo della scrittura nella pagina. Per Marinetti, e’ quindi naturale lo sconfinamento dal settore figurativo pittorico, nella letteratura, nella musica, nel teatro, nella danza e nel cinema.
Tutti i Manifesti devono riconoscere un debito e un’origine nelle intuizioni marinettiane, come quello di Luigi Russolo L’arte dei rumori (11 Marzo 1913), che deriva dalle marinettiane “parole in liberta’”, poiche’ stretto e inevitabile e’ il rapporto di queste, con il “rumorismo onomatopeico”. (Le parole in liberta’, commenta Marinetti nel Manifesto del Teatro Radiofonico, contengono un’orchestra di rumori e di accordi realisti e astratti”).
Nel 1912, nel Manifesto tecnico della Letteratura futurista e nel suo supplemento, arrivava a una nuova sintesi della parole in liberta’, aggiungendo in mezzo le caratteristiche e note onomatopee. Es. “Torri cannoni virilita’-volate erezione telemetro estasi tumb-tumb 3 secondi tumb tumb onde sorrisi risate cic ciac plaf pluff gluglugluglu” ecc.
Marinetti viene riconosciuto come anticipatore dei silenzi di Cage, attraverso Stephane Mallarme’, descrivendo la disposizione delle “parole in liberta’”, che prevede degli “spazi bianchi piu’ o meno lunghi destinati a indicare “I sonni piu’ o meno lunghi dell’intuizione”.
Marinetti sperimenta, per la critica piu’ intuitiva ed emancipata anche la nascita e l’evoluzione dell’happening, quando con il Teatro Sintetico del 1915, voleva portare sulla scena “raffiche di frammenti di matti” e che nasceva “dall’improvvisazione della fulminea intuizione dell’attualita’ suggestionante e rivelatrice”.
Scrive Marinetti: “La maggior parte dei nostri lavori, sono stati scritti in Teatro. L’ambientazione teatrale e’ per noi un serbatoio inesauribile di ispirazioni: la circolare sensazione magnetica filtrante del teatro vuoto dorato in una mattina di prova a cervello stanco, l’intonazione di un attore che ci suggerisce la possibilita’ di costruirvi sopra un paradossale aggregato di pensiero…La sintesi teatrale non sara’ sottomessa alla logica, non conterra’ nulla di fotografico, sara’ autonoma, non assomiglera’ che a se stessa, pur traendo dalla realta’ elementi combinati a capriccio. Eliminare il concetto della ribalta lanciando delle reti di sensazioni tra palcoscenico e pubblico; l’azione scenica invadera’ platea e spettatori.”
Le cosidette “Sorprese teatrali”, dalle quali prenderanno avvio anche l’arte ambientale e la performance, erano provocate dallo stesso Marinetti con Cangiullo, attraverso lo spettacolo di declamazioni simultanee, discorsi polemici, mentre un equilibrista si esibiva al trapezio, una coppia danzava al ritmo di una mitragliatrice ecc. “L’inizio era sempre segnato dall’orchestra sparpagliata, composta da un trombone in un palco, un violino in platea, la grancassa in piccionaia, diretta dal Cangiullo, il quale si sporgeva da un palco impugnando un bastone.”
Le analogie sul mondo. Per analogie, Marinetti intendeva, associazioni tra termini di pur non immediata affinita’, ma capaci di stabilire “rapporti sempre piu’ profondi e solidi, anche se lontanissimi.” “Il fondo analogico della vita, telegraficamente, cioe’ con la stessa rapidita’ economica che il telegrafo impone ai reporters e ai corrispondenti di guerra.” Questo scritto, che contiene la parola reporter, del 1913, che s’intitola L’immaginazione senza fili, contiene la prima intuizione di un’arte che sia “reportage”, non solo in riferimento alla velocita’ ma anche “superficiale”, galleggiante, senza spessore, come la televisione e i mass media avrebbero pianificato uno spazio appiattito, artificiale ma capace di stendere una “rete”.
Marinetti ha sempre, fino alla fine, sentito ed espresso l’esigenza, anche se concentrata alla letteratura, di rinnovamento radicale dei mezzi espressivi, quando nel suo Manifesto della Letteratura futurista, ribadisce la sua visione: “L’arte e’ un bisogno di distruggersi e di spogliarsi…Vitalita’ dell’arte, questo prolungamento della foresta delle nostre vene, che si diffonde, fuori dal corpo, nell’infinito dello spazio e del tempo.”