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Lo sguardo dell’altro

2 Febbraio 2017
1.523 Views
di Cristina Ruffoni

 

“Sottrarsi ai vani giochi delle immagini di se’ e delle ambizioni personali, sottrarsi alle cose che si posseggono come a quelle che non si posseggono, sottrarsi alla paura di perdere come alla paura di non avere piu’ nulla da perdere: potremmo chiamarla felicita’ per sottrazione”

L’arte di scomparire   – Pierre Zaoui

fotografia Marialuisa Pani, frottage di Giovanni Rubino per il ciclo FAREMEMORIA al Muro dei Nomi a Parigi 2014

fotografia Marialuisa Pani, frottage di Giovanni Rubino per il ciclo FAREMEMORIA al Muro dei Nomi a Parigi 2014

Nell’epoca della postmodernita’, anche la video arte, nonostante le diramazioni nella performance,  nell’happenig, e nella land art, si e’ quasi totalmente arresa e ha capitolato di fronte al cinismo spettacolare del mercato,  che fa dell’opera d’arte una merce tra le altre, un’arte quella attuale, al di la’ dei linguaggi e dei generi, che tende ad esaltare o sfumare  le contraddizioni, praticando una “conciliazione forzata” tra se stessa e il mondo, scadendo nell’autocompiacimento estetico prolungato e rassicurante.

L’ultimo  tentativo e’ stato forse quello di Joseph Beuyes, che pensava a un’arte assoluta capace di trasformare la realtà, di renderla piu’ umana grazie alla creativita insita in ogni uomo. Senza dimenticare la forza poetica radicale tradotta in azione e impegno, negli anni 70’, di artisti come Ketty La Rocca, Bruce Nauman, Gina Pane, Vito Acconci, Rebecca Horn, Jenny Holzer, fino ad arrivare agli anni ottanta e novanta a Cindy Sherman, Tracey Emin, Sophie Calle e la stessa Marina Abramovich.

Comprendere  e collocare, il percorso ecclettico di Marialuisa Pani, non e’ cosi’ ovvio e scontato. Lei, approda, quasi per caso al video solo da sette anni, con studi filosofici interrotti, approfondimento e interesse verso la letteratura e la psicologia e una formazione ed esperienza sul campo nel sociale, in particolare come educatrice con soggetti autistici, affiancata a una passione per la  materia come il vetro, assimilata a bottega.

E’ nel sodalizio sentimentale e nella collaborazione creativa con l’artista Giovanni Rubino,  che intuitivamente, le mette in mano una cinepresa, che si concretizza e prende corpo una ricerca e una sperimentazione, che prima ancora di essere visiva, sonora e narrativa, mette in atto la sua necessita’ di osservazione e comprensione,  attraverso lo sguardo dell’altro.

Come Walker Evans, il quale sosteneva che le sue fotografie, fossero prima che delle opere, dei documenti di lettura, degli strumenti d’indagine, per andare oltre, Marialuisa Pani affronta ogni tema, anche quello tragico e struggente della Resistenza del ciclo FAREMEMORIA di Rubino, con la leggerezza e la mancanza di ridondanza e retorica, di chi, prende una posizione ma lascia la ribalta  ai protagonisti della Storia, ai contenuti, alle profonde dinamiche sotterranee, che per emergere e tradursi in immagini, non possono essere fagocitati e dissolti dall’enfasi dell’ atto creativo.

La vera sfida, e’ nel progetto di collaborazione con artisti e scrittori, mantenendo una propria identita’ progettuale e coerenza intelletuale, non oscurando il proprio punto di vista, anche quando lo scopo, e’ l’esaltazione e la traduzione dell’essenza del processo artistico e immaginifico dell’altro. Allora la narrazione, il progetto e la regia, s’intersecano su differenti piani: dal suono alla forma, dal contenuto all’immagine, dal dettaglio  alla totalita’.

Della personalita’ complessa e straripante di Rubino, Marialuisa Pani, utilizza e  afferra la sua linea per la coda, la rende mobile, Il gesto visibile, il segno riprodotto sullo schermo, senza imprigionarlo o bloccarlo, una nuova creazione nell’opera stessa. E’ cosi’ che,  tra esistenza in diretta e frottage praticato da Rubino, s’inserisce una terza superfice invisibile, la sua pagina bianca e trasparente, che accoglie e ospita una diversa traccia, cosi’ il disegno si fonde nello schermo, risolvedo l’eterno conflitto tra la Pittura e video, tra quadro e fotogramma.

Questo modo di procedere, si rinnova ogni volta, in tutti i suoi video, emblematico quello intitolato: “Donne selvatiche”, nel quale, giocando di sottrazione e ancora di  sovrapposizione, sono i riflessi di sole sull’erba e la fugace apparizione dei dettagli di un corpo femminile che danza, i reali soggetti della metamorfosi, della  trama narrativa e visuale.

Un difficile equlibrio delle parti, tra la resistenza etica  e l’impalpabile densita’ del lirismo, un’alchimia e una liberta’, ai quali Marialuisa Pani non puo’ e non vuole rinunciare e che sembra coltivare nel suo giardino segreto ma senza barriere e in continua espansione.

Nel tuo video  booktrailer: “La soluzione trascurata” di Andrea Arrighi, le citazioni di Jung, s’ insinuano alle immagini delle pagine del libro aperto, che sono a loro volta sfogliate da un vento immaginario e delle ombre si succedono all’apparzione di un manichino di legno, quello usato per gli esercizi dei pittori e disegnatori. Elementi scenici ridotti all’essenziale, in una stratificata compagine visiva. Il manichino, che ritroviamo anche nelle tue foto in primo piano, che significato e funzione ha? Incarna lo spettatore affacciato oltre il bordo, invitato ad entrare nella  composizione? E’ la proiezione della tua presenza? O simboleggia il fare, la fisicita’ dell’atto creativo?

I pensieri che ti sono venuti in mente, m’interessano, perche’ al manichino non voglio dare un significato unico e definitivo. Credo che il manichino faccia sorgere delle domande e questo mi piace. I manichini per me vogliono attirare l’attenzione sullo sguardo, anche il mio sguardo, sul mio rapporto con l’oggetto fotografato, filmato e permettono di puntare una certa attenzione, diciamo interrogativa sulla scena che si svolge e che inizia ad avere piu’ significati e rimandi, proprio perche’ tra noi spettatori e quel libro, quel disegno, quel fatto che si svolge, noi riflettiamo sul nostro sguardo, sul nostro rapportarci a quel libro in questo caso specifico.

 

In FAREMEMORIA il ciclo di Giovanni Rubino sul tema della Resistenza, si affronta il dilemma di cosa sarebbe l’arte se scostasse via da se’ la memoria del dolore accumolato. Non strumentalizzare o banalizzare queste morti, senza pero’ rinunciare alla propria  visione, e’ il modo per elaborare uno schema, per non disperdere e contenere delle storie, che si aggiungono a quella del tuo video. La tua capacita’ di recupero e di percezione, deriva anche dalla tua esperienza di educatrice?

Certamente si tratta di un impegno umano, prima ancora che intellettuale,  una scelta precisa, che confluisce nei miei progetti artistici. La preparazione e la dedizione necessari, ti forniscono un bagaglio e una lucidita’, per distinguere l’essenziale  dal superfluo, elimininare gli eccessi  e non dare nulla per scontato e acquisto. La predisposizione all’ascolto e l’intuzione creativa sono percorsi che combaciano e che si coltivano e alimentano attraverso l’esperienza e il tempo dedicato.

fotografia Marialuisa Pani, Senza titolo 2015

fotografia Marialuisa Pani, Senza titolo 2015

 

Dietro la sintesi dei tuoi video, c’e’ la fase lunghissima e complessa del montaggio,  non deleghi mai ed e’ una parte fondamentale, di riscrittura e ulteriore elaborazione e revisione del lavoro completo. Anche se a livello digitale, tutto e’ apparentemente piu’ gestibile e semplice, rimane comunque un passaggio cruciale e di autentica ridefinizione dell’opera?

Il montaggio, e’ come una riscrittura per focalizzare e approfondire i contenuti, una lettura a ritroso e piu’ lenta, per ritrovare un filo logico, per far  quadrare gli elementi,, cosi’ significato e immagini combaciano, si esaltano reciprocamente in un’armonia, che nella fase precedente di ripresa, si articola invece in modo diverso, anche grazie all’improvvisazione.

Lo scroscio dell’acqua, il vento tra gli alberi, il cinguettio degli uccelli, il sottofondo delle voci e dei passi: scegli pspesso il rumore del territorio e I suoni della Natura. Oppure come nel video “Natale a Nizza”, una musica  che ricorda con malinconica ironia,  l’accompagnamento al pianoforte delle comiche di Charlie Chaplin e Buster Keaton. Quanto conta il suono nell’espressione dei tuoi video?

Il suono, come il silenzio,  sono parte integrante e di ulteriore ridefinizione delle immagini e della narrazione. Quando aggiungo, sovrappongo e unisco la musica, tutto si trasforma e rivive in un’altra dimensione, che puo’ modificare ulteriormente e rafforzare il video, che amplifica l’immaginazione ed intensifica il momento creativo. Perfino la percezione del tempo e la fisicita’ del contesto, sono condizionati dal ritmo musicale e dall’eco della Natura.

 

Lee Miller e Man Ray, Dora Maar e Pablo Picasso,  Meret Oppenheim e Max Ernst. Quest’ultima scrivera’,  che accanto a un artista cosi’ strutturato e maturo e a un carattere cosi’ forte e definito, non le sarebbe mai stato possibile diventare se stessa, in senso artistico e anche umano. Cosa pensi di un rapporto e collaborazione tra due artisti?

Nel mio caso, e’ stato ed e’ molto importante il rapporto con Rubino, che prima di tutto e’ una relazione d’amore. Lui, fin dall’inizio, ha visto e intuito le mie esigenze e qualita’ creative e ha anche sentito l’urgenza e la necessita’ d’espressione e creativita’ che c’erano in me.

Questo e’ stato importante e ha contribuito a rendere piu’ fertile il nostro rapporto umano e artistico.

 

Uno dei tuoi messaggi di fondo, che guida la tua ricerca sembra essere, che le cose e gli esseri viventi mutano continuamente. Cercare di rappresentarli in una stabilita’ inverosimile non ha alcun senso; cio’ che e’ interessante, al contrario, e’ inseguirli nel loro cambiamento. E’ anche per questo che preferisci alleggerire, accorciare, togliere, per dare spazio e volume all’invisibile e ai desideri?

Sono d’accoro, il cambiamento e’ una avventura imperdibile e  una fonte inesauribile di scoperte e nuove traiettorie percorribili.

 

Per trovare posto nell’esperienza contemporanea per Roland Barthes, al di la’ della ricerca infinita e insaziabile del nuovo, la tappa fondamentale, e’ passare dalla tirrania “dell’io sento” a “si sente”. Pur nella coerenza delle scelte, la tua curiosita’ costante,  richiede un passo indietro, un ridimensionamento della soggettivita’? 

Un passo indietro, si sente, anziche’  io sento, e’ un movimento e una condizione, insiti nella ricerca stessa, rispetto alle certezze e ai limiti  dell’ego. Questa dimensione egocentrica, e’ proprio quella che temo e tengo lontana rispetto al mio agire, percepisco infatti, al suo interno, una potenziale crescita’ di dolore per noi e negli altri.

 

Cosa consigli a un giovane videoartista? A parte le competenze tecniche e le opportunita’ offerte dal digitale, ritieni importante approfondire ma anche essere trasversali, frequentando pittori, registi, poeti e scrittori?

La sola tecnica e’ sterile, i video degli anni 70’, senza gli accorgimenti e le facilitazioni del digitale, risultano spesso nella loro precarieta’, piu’ intensi, irriverenti e poetici. Il confronto e la condivisione di progetti pur nella complessita’ e nelle problematiche che comportano,  sono essenziali per farci crescere e migliorare come esseri umani, in ogni campo nel quale lavoriamo e ricerchiamo.

Marialuisa Pani, fotografia Giovanni Rubino 2015

Marialuisa Pani, fotografia Giovanni Rubino 2015

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